NEW YORK — Andare in giro per le vie di New York è sempre uno spettacolo. Andarci quando comincia a tirare aria di Natale lo è ancora di più. Gli addobbi, le luci, la musica di stagione che sbuca fuori da ogni spiffero di porta che si apre sulla strada, ma ancora più di tutto questo è il campionario umano a travolgerti. Si può anche non farci caso, abituati come siamo a guardare senza vedere, ma se appena ci si risveglia un po’, lo spettacolo che si presenta è straordinario.

Bisogna che qualcosa ci colpisca per spazzar via quel torpore della disabitudine all’esistenza dell’altro. Per me ieri è stato un uomo steso come uno straccio sporco sul pavimento di uno dei tanti, interminabili budelli sotterranei di collegamento della Subway. Uno straccio umano che qualcuno stava cercando di aiutare mentre un flusso continuo di migliaia di persone si muoveva in lungo ed in largo nello spasmo del “Black Friday weekend”, quel tempo in cui comprare quel che non serve diventa un comandamento.

Riemergi in superficie e ti accorgi che ogni volto è molto più bello della vetrina più bella. Guardi i passanti come te con in mano buste che ti raccontano dove sono andati a spendere i soldi, i venditori abusivi che difendono il loro angolo di marciapiede, i saltimbanchi che cercano di catturare la tua attenzione e possibilmente un tuo dollaro, i suonatori che col freddo non riescono neanche a suonare, i poliziotti, gli homeless, i portinai in livrea, i volontari della Salvation Army che scampanellano e raccolgono offerte… Tutto e tutti come nei film, e tutti in un modo o in un altro alla ricerca di un “Miracolo sulla 34ma strada”.

Perché non sono tanto sicuro che in questo tempo dell’anno tutti diventino più buoni, ma sono certo che  tutti sentono più profondamente la ferita del bisogno di felicità. Per cosa sono tutte quelle luci, tutti quegli acquisti utili o inutili che siano se non per questo? E cos’altro raccontano tutti quei volti e persino quel corpo gettato in terra come uno straccio se non il bisogno di felicità?    

Qualche tempo fa, out of the blue, inaspettatamente, all’improvviso mi telefona una persona che non sentivo da oltre vent’anni. Era rientrato a New York per essere vicino alla sorella che stava morendo. Sola, come quello straccio d’uomo nel corridoio della Subway, perché il mondo di oggi è il mondo della solitudine. Trovandosi ad accompagnare la sorella nei suoi ultimi passi, il vecchio amico, uomo bravo ma solo anche lui, senza il dono della fede, aveva avuto un sussulto, una stretta al cuore: qualcosa di bello… voleva che per la povera sorella morente ci fosse qualcosa di bello, ora. Che ci fosse la presenza della “Bellezza” ad accompagnarla. Non poteva pensare ad altro per poter “salvare” un momento così triste e doloroso. Così, andando a ripescare nella memoria uno spunto di bellezza, aveva preso su il telefono per chiedermi di andare a suonare una canzone per loro.

La Bellezza, quella che cerchiamo tutti, venditori, cops, homeless, saltimbanchi…quella che le mille luci colorate cercano di rincorrere.

Andare in giro per le vie di New York è sempre uno spettacolo, specialmente quando comincia a tirare aria di Natale. Guardare i volti lo è ancora di più. Guardare i volti ci fa capire più di tutte le luci ed i colori che tutti cerchiamo la Bellezza, che tutti aspettiamo la felicità.

La aspettiamo perché non possiamo darcela da soli.