Di un prete, ormai, si può dire che in fondo potrebbe essere un pedofilo, di una suora che non serve a niente, della carità del Papa che i suoi “luogotenenti” ci comprano appartamenti a Londra, di un laico impegnato che ha degli interessi occulti o che è pronto a tutto per creare una lobby… ma di un bambino… di un bambino che cosa si può dire?

Non è un caso che nella mentalità comune il Natale si faccia più sentire della Pasqua: la morte e la resurrezione di Cristo sono un fatto eminentemente religioso, difficile da intercettare senza la fede, ma il Natale – la notizia di un Dio che si fa bambino – non richiede alcuna grande qualità interiore per essere capito. Ed è per questo che attorno al Natale, da circa centocinquant’anni (da quando la christianitas è andata in crisi irreversibile), è in corso la più grande manipolazione che l’intellighenzia europea potesse architettare: per evitare che il Natale faccia davvero effetto, per evitare che il Natale ci sfidi e ci cambi.

Pensateci attentamente: prima vi dicono che la data in cui festeggiate il Natale è sbagliata, che è una festa pagana a cui “quei cattivoni della Chiesa cattolica” hanno appiccicato la nascita di Cristo, poi vi dicono che ormai il Natale è tutto consumismo, luci, colori, negozi, autopromozione massima dell’economia capitalista da cui rifuggire se siete persone perbene, poi aggiungono – nel caso foste tifosi sfegatati del capitalismo – che invece è la festa cattocomunista della pace, della bontà, della famiglia, dei grandi valori e del buoni sentimenti, poi – per evitare sacche residue di resistenza – ci pensano meglio e vi spiegano che addirittura il Natale non andrebbe festeggiato, vista tutta la melanconia che mette in circolo, il carattere depressivo che imprime ai ricordi e al passare del tempo, l’evocazione implicita di chi non c’è più o di quello che non c’è ancora; infine… l’ultima trovata messa in piedi da qualche anno per evitare accuratamente che un fatto del genere ci tocchi o ci smuova sono gli auguri via social! Perfetto: un effluvio di immagini, video, parole, frasi del Papa (quello attuale o quello emerito per i più esigenti), di scrittori, intellettuali, preti, suore, agnostici, atei presunti o pentiti… musiche bellissime, nenie irresistibili, corali professionali da ascoltare, riascoltare, far conoscere, filmati con scritte profonde, uniche, incantevoli… un pastiche efficiente ed efficace perché – unito a regali, pranzi infiniti e film alla tv – non venga in mente a nessuno di fare l’unica cosa che davvero conta… gli auguri al festeggiato.

Già, perché non sarebbe male chiederci quando è stata l’ultima volta che ci siamo messi lì, il giorno di Natale, un po’ in disparte da tutti, e Gli abbiamo fatto gli auguri… Roba da bambini, penserete, ma di un bimbo si tratta, di Uno che c’è e di fronte al quale non si può fare altro se non “stare”.

Questo è il Natale: un compleanno in cui fare gli auguri al festeggiato. Solo che il compleanno è così paradossale, così straordinario, così impossibile, che il rischio è che insinui in noi la percezione di valere qualcosa, di avere un valore, di non essere soli, di meritare – qualunque sia il tornante della vita che stiamo attraversando – una carezza di Qualcuno, un abbraccio senza condizioni, gratis.

È questo che teme il Potere, è questo che impaurisce il Mondo: che oggi ci sia qualcuno che si fermi e che si ricordi di Lui, del festeggiato, di quel bimbo che col Suo amore ci rende liberi – e indipendenti – da ogni Potere e da ogni mondanità. Ecco il rischio del Natale: una strana festa di compleanno in cui è possibile intuire che, in fondo, è davvero possibile essere felici. 

Auguri a tutti e buon Natale!