Roberto Saviano insiste – non a torto – sul fatto che la “Paranza dei bambini” al Sud comincia a scuola. Qui gli abbandoni sono il doppio che al Nord e sono spesso sollecitati da offerte di lavoro giovanile molto particolari: quelle della criminalità organizzata.

All’estremo Nord, tuttavia, le cose sembrano andare molto meglio, se su un blog del Fatto Quotidiano campeggia negli ultimi giorni questo titolo: “Padova, 1.400 euro per fare il panettiere. I giovani fanno bene a rifiutare”.

Il curatore del blog – sul giornale ritenuto di riferimento di M5s – non mostra timore nel proporre di petto “una storia virale sull’Italia che offre lavoro contro l’Italia che vuole il reddito di cittadinanza”. La storia è quella di un forno di Reschigliano di Campodarsego, nell’hinterland di Padova. L’orario di lavoro proposto è 2-9 dal lunedì al sabato, cioè 42 ore alla settimana. Dividendo lo stipendio offerto di 1.400 euro al mese, il risultato è poco più di 8 euro l’ora. Che – commenta il blogger – “saranno anche molte per l’Italia (a giudicare dal costo della vita, diciamo di no), ma il sacrificio richiesto è quello di rinunciare alla vita, non quello di rimboccarsi le maniche”. Il commento è conseguente e assertivo: “Lavorare di notte non fa bene alla salute e non fa bene alla vita sociale (può causare depressioni, ansia e solitudine). Il benessere fisico e quello mentale sono patrimoni che vanno preservati e se qualcuno decide (o è costretto) di metterli a rischio, deve essere per una ragione valida, non per guadagnare 8 euro l’ora”.

In una riflessione editoriale per i lettori del Sussidiario può restare in fondo poco da chiosare di fronte a un’opinione così lapidaria: il diritto a un sussidio di Stato (pagato – anche – dalle tasse dall’artigiano padovano, naturalmente a patto che trovi dipendenti e realizzi fatturato e imponibile) a favore di un giovane che rifiuta pregiudizialmente un’offerta di lavoro da parte di quell’artigiano, a condizioni di legalità sindacale sul mercato del lavoro. Vi si coglie appieno l’articolazione politico-ideologica della cosiddetta “decrescita felice”: e ciò non può essere privo di significato nei giorni in cui l’Azienda-Italia inanella dati neo-recessivi per Pil, produzione industriale, bilancia commerciale.

Se quello di M5s è un programma di politica economica – o di politica tout court – i risultati sono stati conseguiti a meno di un anno dal voto del 4 marzo, otto mesi dopo l’insediamento del governo Conte.

Piacerebbe certamente conoscere il pensiero di Saviano sull’“auto-paranza” dei giovani che non vogliono lavorare (quelli del Nord o anche quelli del Sud, che di fronte alla “storia virale” del fornaio padovano preferiscono sempre far la fila al loro Comune per il reddito di cittadinanza piuttosto che pensare di trasferirsi a Reschigliano).

Restano, intanto, le storie assurde – e in fondo tragiche – che si raccolgono presso altre migliaia di imprese in tutt’Italia: quelle che offrono pacchetti d’assunzione assai migliori di quelli che può offrire il fornaio padovano, ma con risultati non migliori. Sono le aziende che difendono con i denti il Made in Italy ovunque nel mondo e cercano laureati o diplomati disposti a trasferirsi qualche anno in Cina, Russia, Medio Oriente, Sudamerica. Pagati (a dovere) per lavorare (molto) e diventare (se ne conquistano il merito) pezzi professionali pregiati sul mercato del lavoro globalizzato. Niente da fare: impegnarsi nel lavoro quando si hanno 18 o 25 anni “può nuocere gravemente alla salute”.

Meglio una mancia mensile da parte dello Stato, per non lavorare affatto. In attesa di una pensione che ci sarà solo se qualcuno nel frattempo avrà lavorato e studiato per lavorare: per esempio, i migranti bloccati al largo sui barconi.