Non è stato facile raccontare a una persona appena conosciuta che cosa sia il “New York Encounter”, la tre giorni di convegni, mostre e spettacoli su temi d’interesse generale, tra cui quelli scientifici, economici, sociali, religiosi, organizzata lo scorso weekend da alcuni amici di CL. Dopo aver visitato i locali del Metropolitan Pavilion di Manhattan, ha commentato: “C’è un programma fitto di incontri, ma tante persone sembrano essere venute qui anche per passare del tempo insieme. Qual è lo scopo di questo evento? Siete cattolici, l’obiettivo di questa iniziativa è allargare la vostra comunità di appartenenza? Prima di venire avevo compreso che fosse una convention culturale, ma in realtà negli incontri è ampio lo spazio per il dialogo su esperienze personali”.
E in effetti, qualche dubbio può venire se a fianco alla produzione artistica di Andy Warhol si parla della sua esperienza religiosa, o se un importante giurista della Princeton University sale sul palco per parlare di Bob Dylan e per suonare la sua musica. Oppure se un noto editorialista del New York Times, racconta la sua storia di caduta e risalita, perché “si può essere sfasciati e chiusi o sfasciati e aperti”.
Ci sono momenti nella storia in cui bisogna fermarsi e pensare a come ricominciare. Per questo bisogna incontrarsi, uscendo dagli spazi in cui ci si sente protetti. Serve un bel guardarsi in faccia, provare a capire e a imparare da chi si incontra. Per riaccendere il motore, per imparare a desiderare di più, per accrescere la voglia di conoscere, di costruire, di investire in qualche cosa.
Questa è la convinzione che ha spinto gli organizzatori del NYE a mettere al centro della kermesse proprio quel “qualcosa” in noi che reagisce, si ribella, non si arrende e vuole ricominciare. In questa edizione si è parlato della scoperta di nuovi pianeti, di come fare un business dal volto umano, di come educare i giovani, di migrazioni con lo scopo di conoscere, ma anche di verificare se questa nostra natura che desidera di più è veramente indistruttibile, se davvero è “qualcosa da cui partire”, come recita il titolo.
Per comprendere l’urgenza di questa domanda occorre chiedersi che cosa sta capitato in America negli ultimi anni. “Non servono le statistiche, basta guardarsi intorno”, dice Angelo Sala, uno degli organizzatori dell’Encounter: il disagio, l’incertezza, la difficoltà di vivere, addirittura la paura di guardare negli occhi chi si incontra sono evidenti. Insieme a una rinata esigenza di giustizia (anche con fenomeni che diventano eccessivi come il “Mee too”), all’emergere di un tribalismo moderno, all’aumento del tasso di suicidi, alla dipendenza da droghe e oppioidi, alla dilagante solitudine e al soffocante politically correct che chiude in “bolle” che limitano la possibilità di esprimersi.
Neanche il desiderio del successo o di costruirsi una famiglia è più sufficiente per affrontare il futuro con fiducia.
Invece di fermarsi ad analizzare quello che non va, gli organizzatori del NYE hanno voluto mettere al centro della kermesse proprio quelle esperienze personali in cui si vede quel “qualcosa” in noi che è indistruttibile.
Come diceva don Giussani, ricordato in una mostra realizzata da studenti della delle scuole superiori: “amo Cristo perché amo la vita, e non viceversa”.