Le sue parole sono nude, piane, scarne: nessuna traccia di filosofia. Dopo queste parole è chiaro al mondo che l’Uomo finirà male: non poteva che finire così la storia dell’Uomo che predicava l’Amore ad oltranza. L’uomo che sognava di far nascere al mondo la razza pura del Cielo. Dopo le bestie i barbari e dopo i barbari s’alzeranno gli uomini: è la nuova razza di Dio. Dalle bestie ai santi la strada è segnalata, quella dell’amore: “Uomini veri, non soltanto giusti ma santi, non somiglianti alle bestie ma a Dio” (G. Papini).
A Circe, capolavoro di Omero, riusciva di prendere gli uomini e renderli bestie facendo assaporare loro il gusto del piacere: Dio muterà le bestie in uomini, facendo provare loro l’Amore. Inizia Lui per primo: “Il Padre ama d’eguale amore chi l’abbandona e chi lo ricerca – scrive Papini -, chi l’ubbidisce nella sua casa e chi lo vomita assieme al vino”. Il rifiuto degli amanti lo rattrista: nessun rifiuto riuscirà a far di Lui un Vendicatore.
Razza dura da partorire: “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male”. L’amore per chi mi sputa in faccia è pazzia alla mia ragione: rassomiglia all’odiare me medesimo. Amare l’odioso – come se non bastasse, aggiunge poi il fare del bene, la benedizione, la preghiera – è la forza più contraria che esista al mio istinto. Eppure è l’unica forza d’urto che apra alla felicità: “Quando ho camminato fuori dalla porta verso il cancello che avrebbe portato alla mia libertà – confessò Nelson Mandela -, sapevo che se non avessi lasciato l’amarezza e l’odio dietro di me, sarei rimasto ancora in prigione”. Che è come arrischiarsi nel dire: “Volete essere felici per un istante? Vendicatevi! Volete essere felici per sempre? Perdonate”.
Perdonare, però, non è amare: il perdono viene sempre dopo un’offesa che ci ha offeso, l’amore – ch’è fratello gemello di Misericordia – è bontà che precede. Il perdono non cambia il passato, muta la destinazione del futuro: l’amore pone le premesse perché il Male non riesca ad attecchire. Ecco perché Lucifero il Bastardo non sopporta affatto l’idea che il male possa essere perdonato così facilmente. Siccome facile, poi, non lo è, c’è tutto lo spazio che serve per le manovre che saran necessarie: “Non si sa se il perdono sia giusto o no, però forse lascia che entri un po’ di aria fresca nel mondo” (A. Torres).
“Amate”, amiamoli: non perché loro meritino il nostro perdono, ma perché noi meritiamo la pace. Chi odia è già infelice, è il primo infelice della sua storia: l’odio è uno sfogo amaro della sua pena. Chissà, forse, se una parte di quella pena sarà anche dovuta a causa mia: nel dubbio, amo. L’amo da impazzire, sin quasi a ringraziare Iddio per il nemico mio: amandolo, mi salvo. E, salvandomi, forse conosco meglio anche lui e, conoscendolo meglio, arrivo forse a farmelo mio alleato nella guerra contro l’idiota di Satana. T’immagini come s’imbufalisce quella concentrazione di odio vivente? Diventerà verde di rabbia nel vedere che il Regno dei Cieli gli germoglia sotto gli occhi, esattamente all’incrocio di quelle strade che lui stesso ha infangato di lordura, di rivalse e di ripicche.
Satana dice di non aver bisogno del perdono di Dio. E’ il più bugiardo di tutti i bugiardi che gli vanno dietro: “Abbiamo sperimentato la ferocia – continua Papini nella sua Storia di Cristo – e il sangue ha chiamato il sangue: abbiamo sperimentato la ricchezza, ci siamo svegliati più deboli”. Ha proprio bisogno del perdono di Dio, invece, per una bugia così grande. Povero vecchio diavolo, senz’arte né parte.
L’amore è difendersi attaccando, è tattica d’altissima fattura: “Come volete che gli uomini facciano a voi, così voi fate a loro” (Lc 6,27-38). Detto così, in positivo: quello che volete, non ciò che non-volete. Perché il muro di Berlino non è mai caduto: fosse per lui sarebbe ancora lì. Quel muro l’hanno fatto cadere: perché le cose accadano, è necessario qualcuno che le faccia accadere. Iniziando a perdonare l’imperdonabile perché Dio gli ha perdonato l’imperdonabile. L’ho scritto per me.