Il Governo sta valutando un radicale ravvedimento in corsa della fiscalità d’impresa: formalmente in sede di aggiustamento tecnico della manovra 2019, di fatto in chiave di ripensamento ampio delle mosse di politica industriale, per fronteggiare la nuova recessione. In sintesi: è sul tappeto il ripristino del cosiddetto “superammortamento” per l’acquisto di macchine utensili e tecnologie produttive, cardine del piano originario “Industria 4.0” .
Il piano, varato nel 2017 dal ministro dello Sviluppo Carlo Calenda è stato confermato dal governo Gentiloni per il 2018 e quindi nettamente depotenziato dall’esecutivo Di Maio-Salvini. “È stato un errore“, ha ripetuto senza mezzi termini nei giorni scorsi l’economista Marco Fortis. “Se si considerano le serie storiche di contabilità nazionale Istat coerenti con il sistema europeo 2010 e con partenza nel 1996 – ha sottolineato Fortis – non vi sono mai stati tassi di crescita tendenziali trimestrali anno su anno degli investimenti tecnici delle imprese italiane com’è stato fra il quarto trimestre 2016 e il primo trimestre 2018”. Pil “tutto e subito” (domanda italiana soddisfatta da offerta italiana), unito a uno strategico effetto-innovazione, allo svecchiamento competitivo del parco-macchine dell’Azienda-Paese: il contrario di quanto avvenuto a cavallo della manovra 2019, impostata sul reddito di cittadinanza finanziato anche con la cancellazione del superammortamento. Il solo effetto-annuncio della manovra ha peggiorato produzione industriale e Pil e quindi occupazione, gettito fiscale, parametri finanziari Ue. Un autogol completo di politica economica, inflitto all’Azienda-Italia quando il super-ministro dello Sviluppo e Lavoro è il vicepremier titolare della maggioranza relativa M5S in Parlamento.
Ma il ministro dell’Economia Tria ha messo sotto esame anche la cosiddetta “mini-Ires”: l’assaggio di flat tax per le imprese, fortemente sponsorizzato dalla Lega. Un altro flop tecnico e politico: a quasi tre mesi dal varo della manovra, gli “utenti” (le imprese e le loro organizzazioni) non sono ancora riusciti a comprendere tecnicalità e reali incentivi di un’aliquota agevolata del 15% al posto di quella ordinaria del 24%, a condizione che l’impresa interessata faccia investimenti in beni strumentali e aumenti il livello di occupazione. Anche in questo caso il Governo ha preteso di imporre un’alternativa cervellotica al superammortamento (cioè alla lineare possibilità di abbattere al 130% il valore d’acquisto di un macchinario) e ha raccolto i frutti inesorabili del dilettantismo demagogico: quello in base al quale in un sistema-Paese come l’Italia è possibile, anzi consigliabile rottamare a prescindere quanto è stato fatto da governi precedenti. Soprattutto se ha dato buoni risultati.
Adesso è l’ora del ravvedimento: nella speranza che la fase pre-elettorale non suggerisca nuove avventure. Stiamo parlando di politica industriale, di ripresa e di sviluppo: non di “meno tasse per tutti”. Meno tasse a chi produce Pil e posti di lavoro.