Tav, un test-Paese contro la decrescita

Tav sempre al centro del dibattito, in attesa del pronunciamento definitivo

Il premier Giuseppe Conte ha annunciato  che entro la settimana il governo deciderà sulla Tav. E’ un passo importante in sé: il capo dell’esecutivo di un Paese come l’Italia ha il dovere – prima ancora che il potere – di stabilire le priorità e quindi di assumere, assieme al Consiglio dei ministri, decisioni responsabili. L’imperativo quotidiano di chi governa è concentrarsi sulle scelte davvero importanti, al momento giusto, nell’interesse dell’intero Paese.  

La Tav è indubbiamente la priorità nell’agenda italiana: lo è nel merito e nel metodo. E’, allo stesso tempo, un dossier economico strategico e un test politico maiuscolo: come mezzo secolo fa il traforo del Monte Bianco, rappresentò uno dei culmini concreti e simbolici del boom italiano e della fase nascente dell’Europa unita.

Dire sì o no alla Torino-Lione significa anzitutto confermare o meno che l’Italia “fondata sul lavoro” è ancora convinta che il futuro si costruisca con lo sviluppo e non deviando verso una decrescita più o meno felice. 

Significa sciogliere un nodo politico-economico di fondo, al di là delle cifre: se e in che misura le poche risorse disponibili nel bilancio pubblico debbano essere destinate a grandi investimenti infrastrutturali e non focalizzate all’azzardo finanziario e sociale del reddito di cittadinanza condito con qualche taglio fiscale di facciata. Significa ricordare agli italiani che il lavoro e il reddito vengono prodotti solo da investimenti privati e pubblici, nelle imprese e nelle condizioni strutturali che consentono loro di essere competitive al massimo. 

Significa premere sull’Europa non con la polemica sterile di una manovra provocatoria, ma con una progettualità alta: che metta a frutto i fondi europei cui l’Italia ha diritto, in grandi opere proprie di un Paese che vuole ridurre il rapporto debito-Pil anzitutto aumentando il denominatore. Significa voler partecipare da dentro l’Europa alla ricostruzione dell’Unione, quale che sia l’esito del voto di maggio per l’euro-parlamento.

Significa, non da ultimo, sottoporre a un check-up reale i meccanismi della democrazia italiana. Significa riesaminare ruoli e pesi, vigilare sul funzionamento dei circuiti che tengono assieme il confronto politico, il governo e i singoli ministri, i tecnocrati e gli esperti indipendenti, i magistrati e i corpi intermedi che canalizzano ed esprimono le “valutazioni costi/benefici” diffuse e aggiornate nel tessuto economico e sociale. (Significa probabilmente anche – fra Torino e la Val di Susa – ritracciare una linea rossa oltre la quale ogni contestazione antagonistica diventa con certezza un reato).

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