Il segreto è rimasto sempre il medesimo: “Vuoi migliorarti? Confrontati con i migliori”. Misurarsi con il migliore in circolazione, per cavare fuori il meglio da sé. Col meglio del meglio. Senza aver paura, in caso di necessità, d’affrontare il meglio del peggio: a guardare in faccia la lordura, la bellezza brillerà doppio. Il che, badate bene, è roba da titani: ficcarsi nella tana del male per addestrarsi alla bontà è materia per spiriti forti, nobili, divini. E’ l’avventura del Cristo-adulto: sciacquatosi la testa nelle acque del Giordano, corse dritto nel deserto “dove il demonio gironzola per molestare il formidabile sconosciuto” (F. Mauriac).



Chi ha scritto, ha scritto chiaro: “Era guidato dallo Spirito nel deserto”. Il che dice bene due cose: non fu Satana a beccarlo ma fu lo Spirito a condurlo. Eppoi non andò alla sprovvista, ma ci andò armato: “Pieno di Spirito Santo”. Un giorno l’Uomo, tramutandosi in cantastorie, avviserà: prima di andare in guerra, studiate bene il nemico col suo esercito. Che non si presenti con diecimila unità mentre tu sei al numero di centinaia. Lui, Satana, l’aveva esaminato a puntino: lo considerava il meglio del peggio che ci fosse in circolazione. L’avversario stellato, quello che a vincerlo nessuno t’apparirà poi imbattibile. Scelse d’alzare l’asticella alla misura più alta, fuori-misura. Migliaia d’annate dopo, qualcuno ancora ride di Satana: a non ridere è meglio, troppo reale è il male nel mondo per non creder che esista.

L’Imbecille tentò l’Amore. Con tre frecce pensava d’avere il gatto dentro la saccoccia. Roba d’alta rifinitura: “Che questa pietra diventi pane”. Vorrebbe obbligarlo ad ammettere che il cuore del suo Vangelo è la materia. “Ne è parte ma non è il cuore, Satana”. Cristo calca: se vivere senza peccato è impossibile, è meglio non vivere. “Se ti prostrerai in adorazione, tutto sarà tuo”. Mentecatto, mente sapendo di mentire: promette ciò che non è suo, è un fanfarone Satana. Cristo, sempre più statuario, non è disposto a trasformare il pulpito in tribuna, a fare del suo Vangelo un inno nazionale. Dunque porta allo sfinimento colui che, di professione, sfinisce: “Gettati giù di qui (ti salveranno)”. Mica capisce, sterco d’asino, che gettarsi è mancanza di fiducia più che fiducia. Che significherebbe fare il suo gioco: sospettare che Dio s’interessi di me, d’essere interessante per Dio. “Gèttati alle ortiche, Satana! Ritenta, sarai più fortunato”: a sfidare Cristo la posta il palio è ciclopica. Fallire è dannarsi per l’eternità, gongolare con l’altro.

Lucifero, ch’è pirla ma non del tutto, tentò il Cristo perché era il meglio-del-meglio che ci fosse in circolazione: conquistato Lui, la rimanenza sarebbe stato un contorno. Eppoi Satana, al pari del Cristo, ha i minuti contati, non ha tempo da perdere: tenta d’intaccare i puri, d’avvicinare i nobili, la gentaglia l’atterrisce da lontano. Manco Cristo ha tempo da perdere: andò a sfidare Satana perché era, per davvero, il meglio-del-peggio che ci fosse in circolazione, il più falso: “Piglia tutte le forme: così belle, talvolta, che non si direbbe lui” (G. Papini). Sconfitto lui, avrebbe tremato il Male intero. Scortato dallo Spirito – ci si abitua a vedere fare il male, a tollerarlo: poi si comincia con l’approvarlo e si finisce col commetterlo – sfidò il Male in nome dell’uomo, perché l’uomo capisse che nulla di ciò che tenta di danneggiarlo, d’imbruttirlo finanche ad annientarlo, sarà mai indifferente a Iddio. Aprì un’altra strada, giacché “l’uomo è una bestia che deve diventare angelo” (G. Papini): d’ora innanzi chi vorrà salvarsi saprà come fare per andare a sfottere Lucifero sotto casa, grattandogli il naso come sfottò.

Tentò di mondanizzare la Bellezza abbassando il Vangelo a sociologia, a mondanità, politica. Andò parecchio male al Male: “Si allontanò da lui fino al momento fissato” (cfr Lc 4,1-13). Pur vincitore, Cristo non lo perdette d’occhio, perché “come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5,8). Andranno pari-pari: dopo aver battuto la strada, Cristo lascia libertà di voto. I conti si faranno alla fine.