È stata approvata. Speriamo solamente che l’attacco non diventi il modo per difendersi. Ma c’è un’altra domanda a cui rispondere: quando per la tradizione giuridica e morale la difesa è legittima?

Proviamo ad andare con ordine chiedendoci: cosa è stato approvato? La difesa sarà sempre legittima, con la riforma del Parlamento. Non sarà più necessario che il ladro o la persona che entra nella proprietà privata abbia un’arma in mano, sarà sufficiente simulare di averla anche senza minacciare direttamente la persona da aggredire. Coloro che spareranno mentre erano gravemente turbati non saranno puniti, mentre i casi di legittima difesa avranno una corsia preferenziale per essere giudicati velocemente. Inoltre a chi si difenderà legittimamente è stata tolta la responsabilità civile legata al risarcimento del danno.

La scelta (politica) voluta dalla maggioranza di governo risponde allo slogan “più sicurezza”. Ma era così necessaria riformare la legge n. 59/2006 voluta dall’allora centro-destra? Quali saranno le possibili conseguenze? Era così necessaria?

Di recente, però, Maurizio Fiasco, tra i sociologi più noti nel Paese, ha ricordato che uccide più la caccia che la legittima difesa: nel 2017-2018, nei quattro mesi aperti alla caccia, sono state ammazzate 31 persone e ferite 91, nel 2016 si sono consumati 19 omicidi in materia di “furto e rapina”.

La legittima difesa, riconosciuta dalla legislazione penale di tutti gli ordinamenti democratici come una causa di giustificazione, nasce con il diritto romano, ed è stata regolata prima nella legge delle Dodici Tavole e poi nel Digesto, in cui venne definita con la formula vim vi repellere licet (è lecito respingere la violenza con la violenza). Da subito l’istituto si caratterizzò per due elementi specifici: l’ingiustizia dell’aggressione (iniusta aggressio) e l’imminenza del pericolo (periculum praesens) per difendere non un diritto di proprietà ma il bene supremo della vita. Successivamente subì una profonda evoluzione. La codificazione preunitaria, che si ispirava al codice francese del 1810, considerò la legittima difesa come un istituto speciale che tutelava alcuni reati contro la persona, mentre solo nel codice penale Zanardelli (1889) l’istituto divenne di carattere generale.

Il Catechismo, nel prevedere l’istituto, sottolinea che “la legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l’ingiusto aggressore in stato di non nuocere” (CCC. n. 2265). Per la teologia morale difendersi da un’aggressione ingiusta in atto è lecito se c’è giusta proporzione tra il male inferto e il bene minacciato. La legittima difesa nasce infatti per consentire la tutela di un diritto minacciato da un’offesa ingiusta, non per punire l’aggressore. Quali sono allora i limiti e le caratteristiche per la legittima difesa? Non si tratta di un’offesa ma di una difesa da un’aggressione in atto, che non significa né prevenzione di una possibile aggressione, né una risposta ad un’aggressione già avvenuta o che è stata volontariamente provocata.

Quando si è costretti a reagire violentemente in frangenti di secondo occorre che la persona sia moralmente “formata ed informata”. È necessario essere consapevoli che non sono mai legittimati l’odio, il rancore o la vendetta.

La riforma rischia di consentire la difesa di un diritto minacciato sostituendosi allo Stato e favorendo i privati ad armarsi per proteggersi. I Paesi in cui sono state approvate leggi criminogene più che scoraggiare i malviventi li hanno resi sempre più violenti e armati. Lo Stato della Florida lo dimostra: in pochi anni sono state rilasciate 350mila licenze per armi, i crimini sono aumentati… e con questi anche la paura sociale e personale.