Vide tutto lo schifo del mondo. Lui sì che annusò tutto il marcio che c’era in circolazione. E, Signore, tramutò in nausea quell’abbondanza di lercio: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice” (Lc 22,42). Riconobbe il padre di quella sporcizia: l’uomo, quando, truffato da Satàn, imbocca la scorciatoia col sogno di giungere prima alla meta.

Che fare, dunque? Saltar giù dalla Croce e mostrarsi al mondo per com’è, l’Imperatore dell’impossibile? È Dio: e Iddio, a costringere la libertà dell’uomo, non è mai disposto: “Non scendesti dalla croce, perché non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo” (F. Dostoevskij). L’Uomo restò appeso a quell’albero di legno, finché il frutto giunse ad esser maturo: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.

Fiutò l’occasione di mandare in malora tutta la malora della storia: l’unico modo era di addossarsela, portarsela a spasso per la morte, riportarla in vita riciclata. Di sabato fece il riciclaggio del male-sporco: lo fece riapparire come sorpresa, rivestito di bellezza. Il fatto, che Lucifero finge di non sapere né vedere, è che Dio non smette mai di attraversare questo inferno umano pur di (rac)cogliere ciascuno di noi, nel suo proprio affanno. Morì come il più becero dei malandrini, accettando la nomea d’essere colui che aveva fallito il grande bersaglio. Che aveva spacciato felicità falsa vendendola come eternità.

Il governo esultò tronfio: “Abbiamo mantenuto la promessa: se n’è andato!” L’uomo di cartapesta confonde spesso il solletico con la gioia. È Pilato, Anna, Caifa, Erode: la somma di tutta la villaneria, moltiplicata per la vigliaccheria, del mondo allora conosciuto. Lui accettò l’ingiusta sentenza, ma non smise di esser giusto: di domenica – nell’ora in cui l’uomo decide se alzarsi o scioperare con la vita – sventrò il Male e tornò a passeggiare nel mondo.

Riciclato il male-sporco, tornò a governare la storia con la libertà: governare col terrore è degli omuncoli, di chi alza la voce perché non ci si accorga della mancanza di contenuto. Lui, da parte sua, scelse il basso profilo: ancora silenzio, ancora passaparola, ancora e per sempre in punta di piedi. Di voce: “Donna, perché piangi?” (Gv 20,13). Una domanda d’interesse, come la prima domanda della storia, quando è venuto al mondo il mondo: “Dove sei?” (Gen 3,10). Senza uomo, Dio è un povero-cristo che cerca compagnia: “A questo punto – ragionò Cristo nel sepolcro – non potendo scegliere, meglio un’umanità peccatrice piuttosto che un mondo senza più uomini”.

Fu così che riapparve al mondo Dio: in maniera sommessa. Dopo il patimento nel pretorio, la matta mattanza su per il Golgota, l’angoscia in croce, da Risorto “vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi ai quali si manifesta” (J. Ratzinger). L’uomo di quaggiù brinda per molto meno: per una partita a briscola vinta, per una domenica di campionato, per una piccola vincita all’Enalotto. Per un contratto, una scommessa, l’inezia di un nonnulla. Spettacoli pirotecnici, fiumi di birra, montagne di monetine sul bancone dell’oste. Risorgere dai morti, al confronto, è così immenso che l’uomo non ci pensa più: “Son favole di un tempo. Oggi siamo troppo intelligenti per credere a queste bazzecole”. Poco intelligenti per credere che l’unica cosa necessaria perché il Male sia sempre incinto è che l’uomo buono non faccia niente.

Morì, dunque, il Cristo. Fu doppia-passione: nel senso di sofferenza – “È un’eterna passione questa vita!” –, nel senso di bellezza: “È un Uomo appassionato!”. Non scriverà mai nessuna biografia di sé stesso: quel poco che sappiamo di Lui l’ha scritto tutta gente che gli è stata appresso, ch’è rimasta accecata dai lampi di quello sguardo. Lui, però, farà di più, molto di più: insisterà nel celarsi dentro l’apparente piattezza della nostra vita. Per attestare che la vera materia del nostro raccontarci non è questa banalità, miseria: è il fatto che, malgrado questa pochezza, Dio continua a camminare con noi. Gli hanno dato del fallito, l’hanno canzonato per tre giorni, l’han decretato scomparso. Per Lui, ogni mattina, è una possibile Pasqua.