Il Segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, aveva incoraggiato l’idea che oggi – Primo Maggio 2019 – gli industriali condividessero la manifestazione nazionale dei grandi sindacati, a Bologna. Il leader della Confindustria emiliana attendeva un invito definitivo, che però non è giunto: ancora troppo dubbiose, Cgil e Uil, sull’ipotesi che la “Festa del lavoro” possa far evolvere il tradizionale format “unitario” – ma rigidamente sindacale – con una partecipazione socioeconomica più larga, profonda e innovativa. Eppure l’Emilia è il macro-distretto economico che, fra l’altro, ha creduto di più negli incentivi di Industria 4.0: cioè in un grande tentativo congiunto di politica industriale e del lavoro. Una strategia volta a rendere “non disruptiva” la digitalizzazione dell’Azienda-Italia, dando invece nuove dimensioni all’occupazione dipendente, soprattutto giovanile, a beneficio della competitività delle imprese.



Che le “classi sociali” codificate dai due secoli trascorsi siano categorie obsolete è un dato ormai largamente accettato. Le stesse parti sociali tradizionali – i sindacati, ma anche settori delle organizzazioni datoriali – faticano tuttavia a rimodellarsi attorno a una realtà nuova: che non è affatto un deserto di relazioni, ma è popolata di “classi” nuove. Il sociologo Daniele Marini, un esperto del Nordest italiano, ha recentemente coniato la figura del “lavoratore imprenditivo”, al centro di un forte rovesciamento dinamico del mercato del lavoro. È una “neo-classe” di lavoratori dipendenti (o comunque coordinati con una singola impresa o un determinato distretto/filiera) che si ritrovano a scegliere loro il “datore di lavoro”: che, grazie alle loro hard & soft skills mettono loro in concorrenza più imprese per assumerli e spesso non privilegiano la variabile reddituale, ma l’offerta complessiva di prospettive professionali. Sono lavoratori che – per il solo fatto di chiedere un ambiente di lavoro competitivo – accentuano i contenuti imprenditoriali di chi cerca le loro competenze e le loro motivazioni.



In concreto, i pionieri di questa “neo-classe” sono tipicamente i laureati di facoltà tecnico-scientifiche oppure i diplomati dei nuovi ITS. Che lavorino in un’azienda meccatronica o in una internet-house, presso un produttore di arredo-design o un atelier di moda, non mettono certo in discussione il loro status di dipendenti, anche se nelle loro regole d’ingaggio c’è fin dall’inizio l’opzione futura di diventare imprenditori. Fanno i dipendenti, ma non più “in lotta” con i loro imprenditori e neppure limitandosi al ruolo di “collaboratori”: sono sempre più spesso il motore delle loro imprese. Forse per questo non si riconoscono più nella tutela sindacale tradizionale e d’altronde non vengono ancora riconosciuti dalle organizzazioni imprenditoriali (lo sono invece da un numero sempre maggiore di singoli imprenditori). Forse per questo loro sono oggi i veri assenti dalla Festa di un lavoro che è sempre più il loro.

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