Ieri mattina all’alba 250 militari tra carabinieri e finanzieri hanno bussato a 43 porte, tra Varese Milano e Brianza, per eseguire misure cautelari nei confronti di altrettante persone. 12 di loro sono finite in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma. L’inchiesta che li riguarda è quella coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia milanese su due gruppi operativi tra Milano e Varese costituiti da esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, di corruzione e turbata libertà degli incanti, finalizzati alla spartizione e all’aggiudicazione di appalti pubblici.
A meno di 20 giorni dalle elezioni è una notizia destinata ad avere strascichi pesanti, e non basterà recriminare i tempi di una giustizia “a orologeria” per limitare i danni. Ma il vero danno in realtà ancora una volta è stato fatto e non certo alle formazioni politiche coinvolte, ma ad un territorio, la Lombardia, che per tanti versi, e legittimamente, è stato indicato come territorio virtuoso, proprio per le dinamiche economiche che ne hanno fatto un traino per il Paese.
Per questo fa male ascoltare le parole del procuratore Franco Greco che spiegano quel che l’inchiesta fa emergere: “Come spesso avviene in Lombardia, politici locali e imprenditori si appoggiano, e a volte sono collusi, con cosche della ‘ndrangheta, sul territorio. Il tema è stato affrontato dalla Direzione distrettuale antimafia tante volte. E anche in questo caso emerge una sinergia tra cosche e imprenditori”. Probabilmente quell’avverbio “spesso” usato da Greco è ingeneroso. Anzi è certamente ingeneroso: la cultura imprenditoriale lombarda rappresenta un background che ha generato benessere, lavoro e ricchezza e che non può essere messa in discussione per via di qualche periodica deriva patologica.
Detto questo deve far riflettere l’incapacità che Milano e la Lombardia, pur con il consolidato positivo della loro storia, hanno nel liberarsi da un persistente malaffare, spesso di medio cabotaggio, alimentato dalla commistione tra politica, pseudo-imprenditoria e criminalità organizzata. Sono dinamiche che accadono anche altrove, ma quando accadono in Lombardia lasciano una sensazione di sconcerto maggiore. Perché qui c’è la forza di un’economia buona e trainante, che offre continuamente opportunità e che perciò dovrebbe essere il più naturale antidoto alla corruzione. Invece dallo scoperchiamento di Mani Pulite in poi, periodicamente ci si ritrova impantanati nelle trame di un malaffare che riesce sempre a farsi largo e a insinuarsi nel tessuto della vita civile.