Nell’omelia di ieri, Pentecoste, il Papa ha detto che senza lo Spirito l’umanità e la Chiesa non vanno da nessuna parte. Anzi, vanno a scatafascio. A un’omelia, per quanto pontificia, non ci si fa in genere gran caso. A meno che qualcuno te la sottolinei: lo ringrazio; e così ti costringa a farla incontrare e reagire con le esperienze e le emozioni che ti frullano in testa e più in giù. Le cose che ti hanno colpito e che ti inducono al pessimismo.

Esempio. Un sant’uomo di ventenne che si presta anche a fare il catechista manda un whatsapp in cui giustifica un’assenza futura e prega i colleghi di occuparsi delle sue “bestioline” per quella volta. Cuore e cervello dei genitori, che sono presumibilmente in linea con la media nazionale, non hanno la capienza sufficiente per cogliere la benevola e financo affettuosa ironia della definizione. E così si scatena via chat un generale forsennato ostracismo verso il povero catechistino. Esempietto banale, ma tanto più sintomatico proprio perché banale. Il Papa: “Oggi le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni..”.

Figuriamoci. Social o politica, è la stessa solfa. Ancora il Papa: “Sempre c’è la tentazione di costruire nidi: di raccogliersi attorno al proprio gruppo, alle proprie preferenze, il simile col simile, allergici a ogni contaminazione”. Guardate i gruppi su Facebook. Ma anche la composizione di tavoli a congressi, convention, esercizi spirituali: documentazione inoppugnabile delle nuove tribù di gente in accordo previo. Di complici, professionisti inconsapevoli dell’autorassicurazione senza fare i conti con l’oste. Guardiamo anche la classe politica: uno dei guai dell’Italia è che i sedicenti santoni del cambiamento compra-consensi non fanno che contrapporre il loro nido a chi ha governato prima, senza sfumature e distinguo. Mentre l’attuazione del bene comune ha bisogno di una continuità tecnica di governo che armonizzi almeno il buono delle azioni amministrative che si susseguono. Per esempio: Milano ha cambiato faccia urbanistica, e in bene, perché la Moratti non ha buttato la semina di Albertini; né Pisapia, pur di colore opposto, ha buttato alle ortiche il lavoro dei predecessori, e così Sala. Altrimenti… fin troppo facile dire che saremmo come Roma.

Poi, sempre per esperienze di “mondo cattolico”, avevo sul gozzo la risposta di un prete parroco data all’ingenuità di un fedele che chiedeva cosa c’entrasse Gesù con la sindrome compulsivo-organizzativa autorevolmente auspicata nel sinedrio parrocchiale: “Ma Gesù… è il presupposto”. Consiglio di trattenersi dalla voglia di controbattere: provare a organizzare 25 party, anzi 40, anzi 60, per un’amante (si fa per dire) e alla domanda di lei: ma tu mi ami? rispondere: Ma cara, l’amore è… il presupposto…

Ci ha provato a fare così Pietro – avete presente? – con Gesù Cristo, ma il Signore non ha abboccato (ma neanche un’amante abboccherebbe; una escort fingerebbe sì di cascarci) e Pietro ha dovuto cedere, uscire dal presupposto, metterci la carne viva, qui e ora. E qui il Papa: “Senza lo Spirito la Chiesa è un’organizzazione, la missione propaganda, la comunione uno sforzo. E tante Chiese fanno azioni programmatiche in questo senso di piani pastorali, di discussioni su tutte le cose. Sembra che sia quella strada ad unirci, ma questa non è la strada dello Spirito, è la strada della divisione”.

Quando vedi gente invelenita che scarica la rabbia su un’innocente parolina di una bravo ragazzo; o pessime classi politiche tutte le volte adoprarsi per buttare nel cesso i cantieri aperti dai predecessori; o addetti alle pratiche del culto e del sacro mattone presupporre Gesù… ti cascano giù le braccia.

Errore: stai facendo lo stesso sbaglio di non considerare incidente nella storia, vero protagonista della storia, lo Spirito. Lo Spirito e, perciò, chi lo mendica. Veni Sancte Spiritus. Veni in Italiam.