Il Sussidiario si era permesso di tracciare, l’11 luglio e il 4 luglio, due analisi che inquadravano “l’incognita-Europa“ ed “Europa sul filo del rasoio“ in vista della prima riunione del Parlamento europeo dopo le elezioni del 26 maggio. Rispetto alla “grande comunicazione” dei media italiani, il Sussidiario sembrava il portavoce di cronache marziane. Bastava invece mettere il naso, solo quello, su altri organi di stampa stranieri per comprendere che gli extraterrestri vivono proprio nel Bel Paese.
Sarà solo un dettaglio, ma anche questo spiega in parte la confusione in cui è caduta la politica italiana e, in un intreccio inevitabile, la stessa crisi che sta investendo l’Europa, quella che molti cercano di nascondere. Con una probabilissima “coda avvelenata” di contraccolpi a Roma: possibile crisi di Governo giallo-verde, probabili tentativi o riedizioni di “governi tecnici” o di “quelli del Presidente” a partire dalle prossime settimane. Il tutto a causa del voto del Governo italiano, che si è spaccato in due all’assemblea di Strasburgo: “grillini” a favore di Ursula von der Leyen e leghisti contrari, all’opposizione.
Andiamo con un po’ di ordine. Le riunioni tra i governi europei sulla nomina del nuovo Presidente della Commissione dell’Unione europea avevano rivelato dissensi profondi, in una maggioranza che doveva essere allargata ai “grune” (verdi) e ai liberali, per le perdite dei “popolari” e dei “socialdemocratici”, che da soli non fanno più maggioranza. Dopo i tentativi andati a vuoto su Frans Timmermans e Manfred Weber, un accordo di massima si è trovato sulla signora Ursula von der Leyen, non eletta al Parlamento europeo, e soprannominata il “clone” di Angela Merkel, per la sua fedeltà alla Cancelliera.
Ma anche questo accordo si è rivelato ben presto fragile. I “verdi” si sono sfilati dalla maggioranza, contestando il “rigore economico” di Ursula von der Leyen; i liberali hanno fatto pesare la loro presenza per un po’ di tempo; ma soprattutto i socialdemocratici, quelli tedeschi in particolare, si sono spaccati al loro interno e qualche defezione c’è stata anche all’interno dei “popolari”. Alla fine, martedì 16 luglio, la votazione che ha dato una maggioranza risicata a von der Leyen è sembrata surreale.
La maggioranza fissata al Parlamento di Strasburgo era di 374 voti e il “clone” della signora Merkel è arrivata a 383 voti, solamente nove in più del necessario. Una maggioranza talmente sottile e debole da far inorgoglire (probabilmente) persino Jean-Claude Junker, forse nella storia il peggiore Presidente di Commissione dell’Unione europea, che raggiunse nel 2014 almeno 422 voti.
Si tenga presente che l’attuale maggioranza tripartita, cioè senza i “grune”, che si erano sfilati e sono passati all’opposizione, contava sulla carta ben 444 voti. A questo punto, entrando nei dettagli della votazione, si passa dal surreale allo stupefacente come aggettivo predominante.
La signora Ursula von der Leyen avrebbe in teoria perso quindi 61 voti, ma il calcolo è veramente imperfetto. Alla “delfina” della Merkel, voluta soprattutto da Emmanuel Macron in contrapposizione al bavarese Weber, sono infatti arrivati i voti dei polacchi di Jaroslaw Kaczinsky e degli ungheresi di Viktor Orban, entrambi giudicati “sovranisti”, “populisti” e “illiberali” dagli europeisti a “18 carati” di Bruxelles e di Strasburgo. Questi evidentemente vengono a volte condannati e redarguiti per “illiberalità” contro la magistratura (Kaczinsky), oppure per la legge “Stop Soros” (Orban), ma vanno poi bene, si riscattano, quando votano per i leader dell’asse franco-tedesco.
Ma c’è un fatto in più, un elemento ulteriore, in tutto questo. Facendo semplici calcoli, i 14 voti dei “pentastellati” italiani diventano fondamentali, determinanti, quasi l’ago della bilancia nella maggioranza della “nuova” Unione europea. È vero, la candidata von der Leyen ha fatto una serie di “salti mortali” e “capriole” per portare a casa la maggioranza. Prima ha vagamente corteggiato i “sovranisti” di tutti i paesi europei, poi ha scelto stabilendo un “rapporto costruttivo” con Giuseppe Conte, “portavoce”, con tutta probabilità non solo del partito fondato da Beppe Grillo, ma anche dei suggerimenti che arrivano dal Quirinale.
A conti fatti, non comprendendo esattamente quello che è accaduto nella nuova maggioranza, si può affermare, con un paradosso, che la maggioranza europeista al Parlamento di Strasburgo è composta, per un pezzo decisivo e determinante, di antieuropeisti. Una questione che peserà in alcune scelte decisive, a cominciare dalla nomina autunnale degli altri commissari.
Si può anche affermare che Giuseppe Conte e i “cinquestelle” hanno imposto la loro politica, accusando la Lega di cambiare opinione all’ultimo momento. Ma nella nuova maggioranza europea di Ursula von der Leyen facciamo fatica a vedere tra i gli “eredi” di Grillo e Casaleggio, i nuovi Metternich o Talleyrand, i Kissinger o i Ciu en lai del nuovo millennio, che riescono a salvare gli equilibri internazionali e in questo caso specificamente europei. E neppure ci sembrano gli eredi dei “padri europei” degli anni Cinquanta. Naturalmente tutto è possibile in questa avventurata epoca storica in cui viviamo, con una classe dirigente che è l’esatto contrario di una classe dirigente.
La sensazione principale è che comunque il voto europeo avrà una ripercussione durissima sull’assetto politico italiano e che quasi sia stata cercata, e notificata, per contenere il “bullismo” di Matteo Salvini e la sua invadenza costante nell’azione di governo. Tra presunti scandali come il Russiagate, tra polemiche su ogni punto del famoso contratto, per il governo, stretto tra la pochezza governativa dei “cinquestelle” e la marcata strafottenza di Salvini, alla fine deve essere partito il segnale del “cambiare pagina”, senza uno scioglimento del Parlamento, ma con un esecutivo meno conflittuale al suo interno. Saranno settimane decisive e durissime, che avranno un peso in Italia e anche in Europa.
Non troppo differente dall’Italia è comunque la situazione in altri paesi come la Germania. I “popolari” di Csu e Cdu spaccati, i socialdemocratici quasi in rivolta, i “grune” all’opposizione, una situazione di crisi che investe banche come la Deutsche Bank e l’industira automobilistica, come la Bmw, con l’incubo autunnale di nuovi dazi americani. Spira aria di crisi anche a Berlino. E il quadro europeo diventa ancora più confuso ed esposto ai giochi dei grandi protagonisti del nuovo assetto geopolitico mondiale.