Sciagura e sconforto. Per l’atroce assassinio del vice-brigadiere, certo. Ma anche per i commenti via social che tanti politici, certi leader in testa, si sono affrettati a postare. I quali per insipienza e protervia danno la misura di quanto il discorso pubblico abbia fatto strame della ragione. E della realtà.

La prima cosa che colpisce è l’intemperanza del linguaggio, l’uso con nonchelance di parole smodate, violente. Come bastardo (Salvini), bestia, carnefice drogato (Meloni), schifo (Di Maio, a proposito della posizione del Pd sul caso Bibbiano), per stare agli ultimi due giorni. Quasi quasi viene da rimpiangere il fanfaniano “mi sia consentito il dire”.

La seconda è la precipitazione nel giudizio. La comunicazione è anche velocità, d’accordo. Per sfottere un collega i giornalisti lo definiscono “bravo, molto bravo; un po’ lento…”. Ma velocità non al punto di saltare completamente la verifica dei fatti. Se l’accertamento dei fatti è dovere giornalistico, figuriamoci se non lo deve essere per un leader politico, a maggior ragione se ricopre responsabilità di governo. Altrimenti si finisce per abboccare anche alle bufale di un opaco e verosimilmente poco affidabile signore, tal Sergio Brugiatelli, uso a brigare coi pusher e già noto alla polizia, il quale “per depistare” ha detto mentendo che gli aggressori erano africani, magrebini. Così il mirino inquadra i flussi migratori. Meloni: “L’Italia non può essere il punto di approdo di tante bestie” (per dar ragione a Salvini). “In carcere! Ma a casa. Se sono irregolari non dovevano essere qui, sui rimpatri bisogna agire con più forza” (per dare contro a Salvini). Poi salta fuori che i reprobi non vengono da un barcone libico ma da un college californiano. Chi emette sentenze definitive “ad horas” corre il rischio di pestare la proverbiale cacca.

La terza anomalia è l’astrattezza ideologica delle risposte annunciate. Esse derivano da un’erronea generalizzazione dell’emergenza, dalla confusione cioè tra specifiche situazioni o episodi e carenze strutturali da affrontare. Per cui si corre a promettere da subito un intervento risolutore, in realtà non idoneo a risolvere né il caso particolare né la problematica complessa. Salvini: “Pistola elettrica entro poche settimane”. Raggi: “Devono dare a Roma (s’intende Salvini, ndr) i 2mila agenti promessi. Ops. Raggi: “Sto parlando dei vigili urbani”. Carfagna: “Alle forze dell’ordine stipendi più alti”. Zingaretti: “Salvini garantisca la sicurezza, anziché lucrare sulla cronaca nera”. Di Maio: “Proporremo di trattare i familiari delle vittime della delinquenza come le vittime del terrorismo”. I leghisti Molteni e Morrone: “Abbiamo pronto il disegno di legge droga zero”.

La quarta cosa che colpisce chi non frequenta i social dei politici è la ridda eterogenea dei messaggi via web. Un’insalata russa. Pardon: a scanso di equivoci e allusioni al caso dell’Hotel Metropol di Mosca, diciamo un “risott e rustisciada”, o per i puristi una “macedonia”. I post lacrimevoli o minacciosi sull’agente ucciso si intervallano disinvoltamente a congratulazioni vivissime per i successi azzurri nel nuoto, a commenti (o silenzi) sul caso degli affidi di Bibbiano, a strenui endorsement da destra pro Jerry Calà che si dice trascurato per non essere di sinistra, a sbeffeggi o applausi alla comandante Carola e alla giornata senza reggiseni, alle consuete scene più personali tipo pane e nutella: Salvini con la fidanzata, cui fa gli auguri; Zingaretti che lo critica perché il capo leghista ci fa sapere cosa mangia alla sera invece di fare sul serio il ministro dell’Interno; intanto il post precedente ritrae il capo Pd alle prese con mestolo e pentolone e scritta “Me la cavo ancora nelle cucine delle feste dell’Unità?”. Di Maio: “Lo Stato deve farsi un esame di coscienza”. Post seguente: la giornata in Costa Smeralda con Virginia (la fidanzata, non il sindaco di Roma). Post precedente: “No Tav” (detto dal vice del premier che ha appena detto “Sì Tav”.  È vera una cosa e il suo contrario: perciò il governo è coeso.

L’ultima cosa è, se possibile, la più seria. Tutti alimentano la percezione di scarsa sicurezza. La destra per naturale sua strategia. La sinistra di rimbalzo, forse per mancanza di strategia. Sembra ormai l’unico linguaggio che faccia presa sulla gente. In questo i politici non è che siano su un altro pianeta: i “ragionamenti” sui loro social sono del tutto analoghi alle sentenze da bar dei quartieri bassi. Linguaggio e ragionamenti che non seguono l’esperienza e ci allontanano dalla realtà, anziché sostenerci nel cammino di avvicinamento. Non è che si voli alto: massimo all’altezza del padulo.

Comunque, se non torniamo noi alla realtà per rinsavimento o per via di Damasco, sarà lei, la realtà, a rifarsi viva e a costringerci a prenderla sul serio. La realtà è così che si dimostra implacabilmente positiva.