Meeting, una nuova misura del cuore

Domani comincia il 40esimo Meeting di Rimini. Il titolo è “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”, un verso da una poesia di Giovanni Paolo II

Andava a prendere l’acqua nell’ora in cui nessuno solitamente si muoveva da casa. Era l’ora della vergogna, vergogna per lei che tutti sapevano essere prostituta e per la sua famiglia che l’aveva rifiutata come figlia e come sorella. Quante volte tornando dal pozzo, traballante nell’equilibrio per il peso dei secchi, si fermava qualche istante a piangere. Piangeva su se stessa, nell’intima consapevolezza che più il suo letto si riempiva, più le si svuotava il cuore. 



Si fregiava dei suoi titoli con amici e parenti, ogni giorno stava al banco delle imposte a giocare nell’arte che gli riusciva meglio, quella di corrompere e di defraudare il prossimo. Eppure l’esattore romano non poteva tollerare il mendicante che l’occhio sbirciava dalla sua postazione e che, dall’altro lato della strada, sembrava così felice. Nessuna moneta pareva poter comprare quella letizia e il suo cuore, da tempo, traboccava di disprezzo per sé e per i suoi fratelli uomini.



Con le sue ultime forze aveva raccolto pochi fiorellini che potessero dare un tono di colore al tumulo del figlio, affinché la mestizia del feretro fosse cosparsa da qualche segno d’amore. Era pronta per il corteo, consapevole che rimanere vedova e senza figlio significava andare incontro a morte certa, senza possibilità né di lavorare né di trovare compassione da coloro che – per la sua condizione – la consideravano maledetta. E piangeva silenziosa. E nessuno osava parlarle, tanto la bruttezza del viso era divenuta specchio dello strazio dell’anima.

Le mattine di primavera erano perfette per portare ai lavatoi qualche straccio più nobile, qualche macchia più ostinata. S’era allontanata da poco, dopo aver concluso la sua missione, e stava rientrando fiera verso casa con tutti i fazzoletti e le lenzuola finalmente bianchi. Mai avrebbe immaginato d’incrociare sulla strada un uomo talmente travolto dal dolore, al punto che – di scatto – non appena lo vide soccombere sotto il peso della croce gli si fece prossima e gli asciugò il volto, proprio con uno dei suoi preziosi tessuti.



La Maddalena, Zaccheo, la vedova di Nain, la Veronica non nacquero il giorno del loro avvento alla luce di questo mondo: essi nacquero davvero nell’istante improvviso in cui la profondità e il dramma del loro cuore s’imbatté nel volto di Gesù di Nazareth. Fu quel volto a dare finalmente forma umana alle loro domande, al loro dolore, al loro prodigarsi per la vita e per il bene. Senza quel volto niente avrebbe avuto senso e nessuna mossa per rispondere al bisogno che pulsava in loro sarebbe stata nobile e meschina. Nobile per il desiderio che faceva intravedere, meschina per la pochezza di letizia e di libertà che avrebbe effettivamente riscosso.

Tutti abbiamo bisogno di un volto e nessuno può davvero aspirare a costruire il bene di tutti al di là di un rapporto che introduce nel mondo una nuova misura del cuore e una nuova statura dell’Io. È questo che gli amici del quarantesimo Meeting per l’Amicizia tra i popoli urleranno in questa settimana tra i padiglioni della fiera di Rimini. Perché all’odio fra le religioni, all’emergenza climatica, alla guerra silente fra le grandi potenze del mondo, alla crisi europea e italiana, al cambio di paradigma etico di questa società impazzita, ai problemi della scuola, della giustizia o della sanità, non si risponde con un piano, ma solo con l’originalità di un volto cambiato da uno sguardo di misericordia.

Sembra sempre troppo poco, eppure è quello che – fra le lacrime – arrivati ai cancelli del paradiso, ciascuno vorrebbe sentirsi dire dal proprio babbo o dalla propria mamma, ossia che “il tuo volto – figlio mio – non nacque da ciò che ottenesti o riuscisti a fare, ma la tua identità, la tua umanità, la tua personalità, nacque da ciò che fissava”. Da quell’unico volto capace di perdonare il mondo. Capace di cambiare la storia.

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