Il  Meeting dal titolo “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi” non poteva eludere il grande tema del rapporto mente/cervello, di come funzioniamo, di come facciamo ad essere quelli che siamo.

Le neuroscienze hanno confermato in modo ormai indubitabile quello che già la neurologia clinica aveva suggerito: non esiste pensiero, atto, sentimento, minimo istante di esperienza, come anche supremo momento di scoperta scientifica o di creazione artistica, che non passi attraverso l’attivazione di aree cerebrali, di circuiti neuronali complessi e interagenti fra loro. La risonanza magnetica funzionale, una tecnica di immagine del cervello e della sua attivazione, mostra questo in modo chiaro. Anzi anche nella quiete e anche nel sonno il cervello non cessa mai di funzionare, di essere attivo.



Ma allora siamo ormai vicini alla soluzione del mistero? Possiamo mettere le mani sulla sorgente dell’energia umana, comprendere fino in fondo i circuiti neuronali che generano l’umano?

I neuroscienziati più seri sono i primi ad evidenziare l’enormità del problema. Searle, colui che ha tentato in ogni modo di naturalizzare la coscienza, è come costretto a riconoscere: “Come è possibile che stimolazioni neuronali, fisiche, oggettive e quantitativamente descrivibili possano causare esperienze soggettive, private e qualitative? Ovvero come può il cervello permetterci di passare dall’elettrochimica alla sensazione?”. Certo il cervello non potrà mai farlo perché esso è riducibile agli aspetti quantitativi, a meno che vogliamo credere ai fantasmi.



Resta l’enormità del problema e si accresce lo stupore per le fattezze della realtà: tutta l’espressività umana, la creatività, l’esperienza piena di passione e di sofferenza, la grandezza delle civiltà e della storia passano attraverso il cervello delle persone, attraverso la polvere di stelle di cui siamo costituiti: niente eppure capaci di abbracciare l’universo conosciuto e di andare oltre.

Edelman pone la questione in modo ancora più radicale e arriva fino alla parola mistero: “La nostra incapacità come scienziati di fornire una spiegazione della coscienza individuale non è più misteriosa dell’incapacità che abbiamo a spiegare perché ci sia qualcosa e non il nulla”.



Del resto come potremmo pretendere che uno strumento meraviglioso come la scienza possa spiegare esaustivamente ciò che l’ha inventata e sviluppata, cioè la coscienza dell’uomo?