Václav Havel è stato “un fuoco che accende altri fuochi”, per usare un’espressione cara ai gesuiti. La sua testimonianza e i suoi scritti bruciano – per utilizzare le categorie del drammaturgo ceco – “la menzogna” (politica) e fondono la verità come fa il fuoco con l’oro.
Il primo potere dei senza potere è “il dovere della memoria”. Lo ha ricordato Havel da presidente nel primo discorso di capodanno nel 1989. Fare memoria per difendere ciò che vale la pena di essere vissuto, per distinguerlo da ciò che soffoca e umilia l’umano, come i totalitarismi. Lo diceva anche primo Levi, “tutto ciò che si dimentica potrebbe ritornare”. È l’invito a ritornare a formare menti e cuore per continuare a “non essere mai tranquilli”, come diceva don Giussani.
Per Havel un secondo potere dei senza potere, una specie di arma segreta, è stata la mitezza. Con questa dote Havel ha ispirato la “rivoluzione di velluto” (1989) che rovesciò il comunismo in Cecoslovacchia; ha sciolto il Patto di Varsavia nel 1991, sfidando l’incredulità di Gorbacëv e della Russia, svuotata della sua forza; ha voluto l’alleanza con la Nato per garantire pace all’Europa.
L’alternativa ai regimi post-totalitari per Havel erano i nazionalismi. Quasi una profezia, se pensiamo che nel 2014 l’Europa si è svegliata nazionalista e populista.
Per arginare totalitarismi e nazionalismi, Havel ha rovesciato lo schema della politica: prima la “persona concreta” poi le strutture sociali, politiche e istituzionali che lo servono; oggi invece la politica fa emergere un’idea (astratta), una sorta di “spirito puro” di matrice hegeliana, che è superiore a qualsiasi fatto (concreto) come la purezza del sangue, la nostalgia di un passato epico e utopico, l’illusione di un governo perfetto, il leader forte a cui si vuole affidare tutta la propria libertà. Tutto questo ha un nome solo per Havel: nazionalismo.
L’alternativa? Secondo Havel occorre più cooperazione, meno statalismo, un mercato solidale, lavoro umano e gestione solidale dei temi comuni come il rapporto uomo macchina, la privacy dei dati in Rete, le questioni ambientali, le radici cristiane dell’Europa ecc. Per l’Italia solamente un nuovo soggetto politico – evocato da Giorgio Vittadini – riuscirà a traghettare la crisi e ridare slancio e speranza a un’area moderata convinta come Havel che “l’ordine morale è superiore all’ordine legislativo, politico ed economico”.
Francesco nella Laudato si’ chiede a tutti gli uomini di buona volontà di costruire un “nuovo sviluppo umano integrale”. Ed Havel ce ne ricorda il segreto: “La nascita di un nuovo modello economico e politico è qualcosa che si può configurare solo come espressione di una vita che cambia”.
Infine la sua eredità più grande è quella di “cercare l’anima dell’Europa”. Quando è caduto il muro di Berlino, Havel aveva due possibili strade da seguire: rimpiangere il vecchio e proporre soluzioni del passato o immaginare il nuovo. Scelse questa seconda strada perché, diceva, “la salvezza è di tutti”.
Ad una condizione, scriveva. Il miglior modo per resistere al totalitarismo è “scacciarlo dalla propria anima”. È questa la condizione per servire la verità, che per un credente non è qualcosa che si possiede, ma Qualcuno che ci possiede e dà la forza di trasformare il potere in servizio.