Schifano e la meraviglia da primo sguardo

Al Meeting di Rimini è possibile ammirare un’opera che Mario Schifano ha realizzato in una notte del 1985 in piazza a Firenze

Nel 1985, in una meravigliosa piazza di Firenze, piazza Santissima Annunziata, davanti a una folla di qualche migliaio di persone Mario Schifano si misurò con una vera performance: dipingere un grande quadro di 10 metri per 4 in una notte, sotto gli occhi di tutti. Era un’impresa non semplice, anche per uno come Schifano, capace di divorarsi metri quadri di pittura con la facilità e la felicità di pochi altri. Il clima, in quella bella serata di maggio, era anche caldo per delle contestazioni impreviste. Il tema chiesto all’artista erano gli Etruschi, ai quali erano state dedicate una serie di grandi mostre a livello nazionale. L’impresa riuscì e come testimoniato dalla moglie dell’artista, quando il grande quadro dopo essere stato dipinto in orizzontale venne tirato in piedi per le rifiniture, la folla ammutolì in un silenzio pieno di ammirazione e di stupore.



È una vicenda che i visitatori del Meeting 2019 hanno potuto rivivere grazie al filmato che apre una delle mostre in programma, “Now Now. Quando nasce un’opera d’arte”, curata da Casa Testori. Rivivere anche in quella dimensione di stupore. Infatti, finito il filmato (con quel portato emotivo che lascia in ciascuno), appena si varca la tenda ci si trova davanti l’immensa opera di Schifano eccezionalmente prestata per il Meeting. È affascinante vedere la reazione del pubblico in quell’istante.



C’è la sorpresa, più che per le dimensioni, mi verrebbe da dire, per la vastità dell’immagine che si spalanca davanti; si coglie un respiro, una larghezza di sguardo innamorato del mondo. O, per essere più precisi, innamorato di quel prezioso spicchio del mondo che coincide con l’Italia. La scena è infatti quella di un paesaggio: terra etrusca come richiedeva l’occasione. Terra arsa e argillosa, spaccata qua e là dalla forza della natura e dal verde luminoso di ciuffi d’erba selvaggia. In alto, un grande cielo, gloriosamente blu a destra e bianco immacolato a sinistra, nel quale volteggiano libere le chimere, creature della mitologia greca, transitate nella cultura degli etruschi.



Come aveva suggerito Giovanni Testori in occasione di una recensione scritta per Il Corriere della Sera a una mostra di Schifano di qualche anno prima, sono quadri nei quali ci si vorrebbe tuffare dentro, tanto attraggono per quella dimensione di meraviglia che li costituisce. È la meraviglia da primo sguardo sul mondo, quella che aveva messo all’opera Schifano e che oggi lascia il suo segno visibile in chi varca quella tenda.

Se cerchiamo le ragioni di questo effetto di meraviglia, capiamo che non è certo dovuto al contenuto: le chimere tutt’al più sono materia che incuriosisce e diverte. E non è neanche per la sapienza pittorica, perché la foga e l’impeto prevalgono sulla cura dei dettagli. La bellezza, che qui si disvela in modo anche molto generoso, evidentemente segue percorsi imprevisti, scaturisce senza premesse particolari. Eppure non credo sia una forzatura sostenere che un quadro così sia un inno al creato, o meglio a un preciso e specifico frammento del creato E quindi implicitamente a chi quel creato lo ha voluto.

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