Che cosa non è sfogliare il giornale e trovare cose che riguardano i giovani e la scuola, mezz’ora dopo aver partecipato all’assemblea nazionale di Portofranco, 27 centri con 1100 volontari che aiutano nello studio (e nella vita) 2500/3mila studenti della scuola secondaria superiore.
L’assemblea. Da Varese a Siracusa, dalla Brianza a Bologna, da Milano a Palermo, un dialogo fatto di racconti, vividi e di spessore, di esperienze vissute, di desiderio di confrontarsi, di domande mai formali. Parole chiave: gratitudine, gratuità, sovrabbondanza, bisogno, incontro, sorpresa, inaspettato, persona, amicizia, stima di sé, passione, compagnia, casa. L’aiuto allo studio si dilata a una condivisione di vita; se no perché usare quelle parole? Basterebbe il gergo specialistico o gli orridi acronimi tra cui eccelle, in virtù dell’onomatopea, il P.o.f.
Il giornale. Altre parole, a riguardo dello stesso problema. Ad esempio, in prima pagina: “povertà educativa minorile”. Espressione pronunciata dal neo-ministro per il Sud, Provenzano, declamante la promessa di eliminarla. In altra pagina all’interno appare “l’angoscia giovanile”, “quella provocata dal nichilismo… [i giovani] nessuno li convoca… Vivono di notte per non assaporare la loro insignificanza sociale… Le problematiche una volta erano a sfondo emotivo e sessuale, ora riguardano il vuoto di senso”. Così il filosofo-psicanalista Umberto Galimberti in un’intervista al Corsera appunto di ieri.
Dopo viene il “che fare?”. Il politico auspica e promette. Auspica “scuole aperte tutto il giorno anche ai genitori”. Promette di mettere a disposizione 15 miliardi di fondi europei di coesione. Per fare che? “Progetti”. Ah beh. Cos’è la vita senza i danee? Il neo-collega all’Istruzione, Fioramonti, mette anche lui i soldi davanti ai buoi; tre miliardi vuole, se no lui non mangia il panettone perché a Natale si dimette, e i bambini non mangiano le merendine perché lui ci ha fatto mettere la sovrattassa. Sì beh.
Il filosofo invece ha altri suggerimenti da dare per “uscirne”: “Un rito iniziatico che interrompa l’adolescenza perenne: a 18 anni servizio civile per 12 mesi ma a 1000 km di distanza da casa”. Ma in che cosa spera? A domanda risponde: “In niente”. Ah beh, sì beh.
Nella cinica onestà intellettuale del filosofo, la catena bisogno-analisi-risposta non si chiude. Nella propaganda politica si chiude, si fa per dire, con la (presunta) onnipotenza del danaro, l’universale astratto secondo Karl Marx. Ecco: astrattezza. Questo succede quando si parte da un vuoto, da una mancanza, e non da un’esperienza. Facilissimo finire nell’astrattezza, quindi, o nell’impotenza, o nell’accanimento fondamentalmente violento.
Ecco, l’assemblea di Portofranco ha tirato a lucido la parola più opposta al vuoto e alla mancanza: sovrabbondanza. A Bologna il cardinale Zuppi si è stupito più che per la frequenza dei ragazzi, per la grande disponibilità dei numerosi adulti volontari: vuol dire che fanno un’esperienza bella e buona innanzitutto per sé. Di sovrabbondanza del cuore e della realtà globale di vita (cristiana) incontrata e partecipata. Per affrontare bene emergenza educativa, disagio giovanile, cambiamenti della scuola, difficoltà degli stranieri, problematiche particolari occorre un soggetto robusto e lieto. Voglioso di “incontrare il bisogno e non di analizzare”, come è stato detto. Perché “il bisogno è più grande e imprevedibile dell’idea”. Ci vuole gratuità, la quale è impossibile se non si è grati.
Che tutto ciò dia buoni frutti non v’è qui spazio per dettagliare. Basti questo: il frutto più bello è che i ragazzi guadagnino la stima di sé, sentendosi accolti, e siano lanciati nella vita. Cioè che si generino altri soggetti, nuovi “io”. Si disseppellisca il desiderio. Come ha scritto un ragazzo dopo un periodo di scuola-lavoro a Portofranco di Desio (Lombardia): “Ho incontrato un gruppo che si adopera per mantenere vive le passioni, vicendevolmente. È così bello essere accolti… È stato uno dei modi più belli di entrare nella vita. È rinata in me l’affezione verso gli altri, e questa è diventata medicina del mio vivere quotidiano”.
Messaggio agli intellettuali: quando architettate pensiero, non prescindete dalle esperienze in atto. Messaggio ai politici: un po’ meno sparate (centralistiche) e un po’ più di sussidiarietà, no?