A quale solitudine apparteniamo?

Marko Kaziu, 20 anni, è rimasto ucciso mentre sfidava la morte. Chi lo ha visto ha riso di lui. La solitudine ci ha fatto diventare tanti Caino

Della storia di Marko Kaziu difficilmente sentirete parlare. Aveva vent’anni e, in uno degli abituali giochi contro la morte di cui tanto si è già detto, ha tentato di attraversare il passaggio a livello di Castelfiorentino, rimanendo travolto dal treno in corsa. Attorno a lui alcuni coetanei che, intercettati dal fotografo Francesco Nigi, non solo non si sono preoccupati di quanto accaduto, ma hanno irriso il compagno per la sua evidente incapacità di attraversare i binari.

La notizia è tutta qui, ma come sempre nelle pieghe della cronaca si trovano elementi decisivi per comprendere le dinamiche del nostro tempo. Heidegger diceva che la morte per l’uomo moderno è deiettiva, riguarda sempre qualcun altro. Le tante morti di cui sentiamo parlare, a volte anche quelle più vicine a noi, non ci toccano, non ci smuovono, perché la distanza che si è inserita tra noi e gli altri è diventata enorme: siamo diventati irraggiungibili al punto che non sentiamo più la voce di Abele, il suo sangue che grida al Cielo.

È questo il tempo della solitudine, in cui ciascuno è abbandonato al proprio fato senza un briciolo di speranza e di pietà. Morire a vent’anni durante una sfida con se stessi, irrisi dagli altri, non rende senza senso la vita di Marko, ma – casomai – la rende ancora più drammatica, più bisognosa di perdono e di misericordia.

Fa impressione vedere quanto siamo distanti dalle persone con cui dormiamo insieme, con cui siamo in metropolitana, con cui chattiamo, con cui pranziamo o facciamo le vacanze: viviamo di contatti, tanti contatti, fra fronde, come alberi incapaci di incontrare le radici.

La nostra solitudine, direbbero gli inglesi, è loneliness, percezione dell’essere soli, e non solitude, coscienza di sé e del proprio io. Lo spazio che ci separa da chi ci sta accanto non è più misurabile in centimetri o in metri, bensì in silenzi. Rotti soltanto dallo scherno di chi pensa di non avere più niente a che fare col proprio ignoto vicino. Dimenticando che dietro ogni anonimo compagno si cela il volto di un perduto fratello. Potersi ritrovare come fratelli, e riconoscersi come tali, è ciò che rende la vita ancora viva, ancora foriera di un’ultima speranza.

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.