Si può vivere senza paura?

L’americano medio non sa molto di politica estera e non capisce perché gli Usa abbiano ucciso Soleimani. Però vorrebbe vivere senza paura, senza l’ombra del terrorismo

NEW YORK — Cosa pensereste voi se un generale del vostro paese venisse assassinato da forze straniere? Come reagireste? Se poi tra il paese offeso e quello offendente già non scorresse buon sangue e ci fosse – diciamo così – un reciproco sentimento di ostilità?

Come tra Iran e Stati Uniti. Quello delle bandiere bruciate e delle ambasciate sotto assedio è purtroppo un film già visto. Io non sono a Teheran, e non sono neanche cittadino iraniano. Sono a New York e sono cittadino americano, e come tutti i cittadini americani da giorni mi chiedo cosa diavolo avesse in mente Donald Trump quando ha ordinato l’attacco che ha portato all’uccisione del generale iraniano Quasem Soleimani. Prova di forza? L’atto intimidatorio di una prepotente potenza mondiale che dimostrando la propria abilità militare pensa di mettere guinzaglio e museruola al paese degli Ayatollah?

Me lo chiedo come tutti, o quasi tutti. Mitch McConnell, Repubblicano di ferro, Majority leader al Senato, non se lo chiede. Dice che nessun essere vivente era più direttamente responsabile di Soleimani per la morte di militari americani. Chissà, forse è vero. Abbastanza per un dispositivo di sentenza che prevede la pena di morte via drone in un paese straniero?

Gli effetti immediati di quanto avvenuto sono sotto gli occhi di tutti: dall’invio di migliaia di soldati in Medio Oriente allo stato confusionale delle Borse, la perplessità preoccupata del mondo occidentale. E la risposta armata di Teheran? Se quei quattro razzi sparati l’altro giorno sulle basi americane e (pare) un aereo civile abbattuto per un tragico errore sono il massimo della ritorsione iraniana, si potrebbe anche pensare che Trump sia un vero stratega. Se non fosse per tutta quell’ira piena di odio verso l’America e gli americani di iraniani ed iracheni. Iraniani e iracheni che, per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, si sono ammazzati ferocemente per otto anni di fila fino a non tanto tempo fa, dal 1980 al 1988, in una guerra, almeno per noi occidentali, totalmente insensata. Ma adesso, come spesso accade, un nemico comune, l’America, diventa motivo sufficiente per ritrovarsi uniti.

Per l’americano medio la politica estera è una dimensione a dir poco nebulosa, in cui si fa fatica a capire come mai l’alleato di ieri è il nemico di oggi, ed il nemico di oggi è amico di chi ci resta amico… Iraq, Iran, Siria, Afghanistan, Libano, Yemen, sciiti, sunniti, talebani, Isis… E soprattutto le sinistre sensazioni che suscita il fatto di avere l’Arabia Saudita come “fedele alleato” in quella parte di mondo.

Ma, apparentemente, si può vivere anche senza capire queste cose. Anche i media hanno smesso di dirci chi è buono e chi è cattivo. Così si possono evitare discussioni in merito perché è difficile entrare nel merito di quello che non si sa e non si capisce.

E l’americano normale, nella sua vita normale, queste discussioni le evita. Ne è scesa di gente in strada a protestare per questo sconsiderato atto di guerra perpetrato dall’amministrazione, un po’ in tutto il paese, ma nulla di eclatante, certamente non un moto di popolo.

Ma c’è qualcosa che tutto il popolo americano si porta dentro, soprattutto in un posto come New York City. Qualcosa che tutti temono, anche se non lo ammettono, neanche a se stessi: il terrorismo. La paura che qualcosa possa succedere, un pensiero che si fa spazio tra le pieghe del vivere quotidiano, quando si sale in subway, quando si è seduti alla propria scrivania o si fa la spesa al supermarket. Le analisi politiche, le valutazioni strategiche, i tentativi di giustificare l’azione condotta o di mostrarne la totale irragionevolezza lasciano il tempo che trovano nell’animo di chi vorrebbe quel che al mondo d’oggi sembra non poter essere: una vita senza paura che qualcuno voglia uccidermi.

E sarà sempre così e sempre più così se continueremo ad alimentarci di questo odio che non sa nulla della verità dell’altro e nulla dell’altro vuole sapere.

God Bless America!

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