Ci è dato di vivere un momento di tempo singolare: dopo lunga e travagliata transizione il mondo va a cambiare. Il dis-ordine mondiale forgiato dopo la caduta del Muro di Berlino, cioè il mondo unipolare e la globalizzazione conseguente, che ha soppiantato quello costituito a Yalta, è ormai eroso in maniera irrevocabile.
Resta il tragico strascico di questo preteso ordine, la follia delle guerre infinite che ha generato caos e destabilizzazione globale, alla cui ricomposizione servirà tempo.
La Brexit, la presidenza Trump – contrastata, ma ancora di prospettiva -, l’ascesa ormai inarrestabile della Cina e il ritorno della Russia sulla scena internazionale, oltre al nuovo attivismo di vari attori regionali (India e Turchia su tutti), appaiono fattori determinanti di un cambiamento che vede lo spostamento del baricentro del mondo verso l’Asia.
In questo momento di tempo si ripropone, sempre uguale nei secoli e perciò sempre nuovo (tale la dinamica della grazia), il mistero del santo Natale. Un mistero che la Chiesa, nonostante i limiti, ripropone a questo mondo e agli uomini di questo mondo, “dopo Gesù […] senza Gesù” (Charles Péguy). Un mondo nel quale più realistica risuona la domanda del Signore: “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”.
Allora la fede era tutta raccolta in quella grotta: Maria e Giuseppe a guardare stupiti il bambino Gesù, cioè “il paradiso”, la felicità “a portata di occhi, a portata di cuore, a portata delle mani, delle mani che la possono abbracciare” (“L’umanità di Cristo è la nostra felicità”, don Giacomo Tantardini, Meditazione sul Natale, edizioni 30Giorni).
E dopo di loro, con loro, alcuni poveri pastori richiamati dall’angelo, secondo il mistero sotteso alla predilezione del Signore, che sceglie alcuni per comunicarsi a tutti.
Oggi come allora, alla realistica domanda del Vangelo risponde solo e soltanto il riproporsi della grazia del Signore, magari ai margini più remoti e ignorati del mondo.
In fondo ha poca importanza: anche quella storia marginale si è sviluppata ed è entrata nel cuore del mondo secondo tempi e modi propri del mistero, come evidenzia anche la solennità appena trascorsa dell’Epifania, quando il Signore ha guidato i Magi a quel bambino e a quella felicità. A quel paradiso che si può abbracciare per esserne a nostra volta abbracciati. Così che anche a noi, poveri peccatori, per l’infinita misericordia del Signore, è resa possibile “l’esperienza della felicità sulla terra: abbracciare umile, il mio umile Dio Gesù” (“L’umanità di Cristo è la nostra felicità”).