La politica spagnola la scorsa settimana si è vista scossa da uno strano discorso. Un discorso sempre più sorprendente in certi ambiti politici europei, colonizzati dalla polarizzazione degli opposti che si vive negli Stati Uniti. La mozione di censura presentata da Vox, partito affine a tutte le formazioni antieuropeiste, non aveva possibilità di successo, non poteva togliere a Sánchez la guida del Governo. Il suo obiettivo era rafforzare il nuovo partito e guadagnare terreno a scapito del PP. Quando il leader del PP sembrava messo alle strette ha fatto un intervento raro di questi tempi. Pablo Casado ha criticato la volontà di creare blocchi chiusi, di mettersi in contrapposizione, di rompere la convivenza comune. Parole che un tempo sarebbero state normali, ma che sono suonate nuove dopo che il polo della sinistra e del nazionalismo ha dovuto fare i conti con le posizioni di una destra sempre più radicalizzata dall’apparizione di Vox.
Casado ha rotto in modo netto con il partito che prende come riferimento Trump, che rifiuta sempre più l’Unione europea. Fino a qualche giorno fa, il leader del PP cercava di non perdere elettori rimanendo accomodante verso un partito che chiede un nuovo centralismo. Poi ha deciso che il miglior modo di offrire un’alternativa non è confermare la rotazione centrifuga della vita politica. Al momento il guadagno nelle intenzioni di voto non è stato molto grande, non recuperando molti dei suoi vecchi elettori che restano sulle loro posizioni. Casado ha però dimostrato la volontà di rompere la dialettica della polarizzazione tra opposti che tanto danno ha causato al Paese. Resta da capire se sia capace di concretizzare la sua dichiarazione di intenti. Un compito non facile.
Vox, la terza forza politica in Spagna, si abbevera a diverse fonti. Una, la meno pericolosa, è un nazionalismo spagnolo di taglio conservatore che prima si trovava a suo agio nel PP. Altre sono connesse al tipo di reazione che portò Trump a vincere le elezioni quattro anni fa negli Stati Uniti. Vi sono anche cattolici che tentano di copiare la risposta di alcuni cattolici e protestanti statunitensi alla cosiddetta “egemonia progressista”. Sensibilità, come quelle della sinistra populista, che riflettono il medesimo fenomeno: il consenso attorno ai valori universali alla base della democrazia ha continuato ad assottigliarsi fino ad arrivare alla anoressia.
Quattro anni fa, i risultati in città come Kenosha (Wisconsin), o nei suburbi di Detroit (Michigan), hanno dato la vittoria a Trump nel voto elettorale, se non in quello popolare. Erano zone Democratiche che avevano scommesso su Obama e che hanno votato il Repubblicano. Si è descritto fino alla nausea come il pendolo è passato da un lato all’altro per ragioni emotive, per una sensazione di abbandono davanti agli effetti della globalizzazione. Non c’era una base comune di valori condivisi che trattenesse gli elettori davanti alle posizioni di Trump. Molti residenti di Kenosha, dove alle proteste contro il razzismo si è risposto con milizie private, avevano più motivi per essere arrabbiati che non per cercare la moderazione.
I pendolarismi tra opposti, che non riconoscono la necessità di includere l’altro nelle soluzioni, né il principio del realismo democratico, dominano da anni la politica statunitense. I neocon, che tanto influirono su Bush, volevano imporre una democrazia astratta per mezzo di una guerra in Iraq. Buona parte del movimento contro la guerra e in favore di Obama dimenticava che, nel nome di ciò che si riteneva giusto, stava criminalizzando una buona parte del Paese.
In questa polarizzazione degli opposti è frequente che alcune istanze cattoliche e protestanti non agiscano, come sarebbe logico, cercando una nuova sintesi degli opposti così da superarla. La verità, intesa come una serie di principi che non tengono conto delle circostanze storiche, deve farsi largo. Si è soliti comprendere questa verità assolutizzando alcuni aspetti e, soprattutto, dimenticando la libertà. Se ciò che si considera non negoziabile non viene accettato, allora si cerca protezione con troppa rapidità nell’obiezione di coscienza. E così il processo di dissoluzione si accelera.
In questo momento di decomposizione dei fondamenti taciti della democrazia, aumentare la dialettica degli opposti aggrava il problema e non contribuisce alla soluzione. La contrapposizione delle identità, la “difesa dei diritti della verità” senza tener conto della libertà, l’opposizione tra mercato e Stato, tra Stato e società civile, tra diritto all’istruzione e libertà educativa, tra globale e locale, tra sicurezza sanitaria e sicurezza economica … (la lista è quasi infinita) è un sintomo di paura o di mancanza di fecondità. Si tratta di superare la polarizzazione degli opposti non con la vittoria di una delle parti, ma tramite la generazione di qualcosa di nuovo. Per accrescimento.