In un momento di emergenza come questo, potrebbe apparire fuori luogo parlare di “Terra futura” ed “ecologia integrale”. Il presente, dal punto di vista sanitario, economico e sociale, è già abbastanza drammatico da affrontare. Il futuro può aspettare. Eppure, c’è più di una ragione per pensare che i dialoghi tra Carlin Petrini, agronomo, scrittore, fondatore di Slow Food, e papa Francesco, ora disponibili nel volume “Terra Futura. Dialoghi con Papa Francesco sull’ecologia integrale” (ed. Giunti e Sloow Food), contengano una chiave utile per affrontare proprio il presente.



Il libro parla di biodiversità, di economia, di migrazioni, di educazione, di comunità, ma ciò che mostra innanzitutto è la forza di un rapporto umano, che alla fine emerge come metodo illuminante per affrontare tutto: non le ideologie che dividono, ma l’amore per l’uomo concreto che unisce. Petrini, agnostico ed ex comunista, e il Pontefice della Chiesa cattolica sono spinti dal bisogno di “accendere discussioni fertili e proficue”, “di mettere in circolo energie e idee”. Quello che serve di più anche in questi giorni tesi e confusi.



Il dialogo, dice Carlin, “non è un’opzione morale”, ma “un metodo vero e proprio”. E il Papa aggiunge che non si tratta “di appiattire le differenze e i conflitti, ma al contrario di esaltarle e nello stesso tempo superarle per un bene superiore”.

L’inizio del loro dialogo risale al 2013, quando Petrini si era interrogato su La Repubblica sul perché trattiamo così male gli immigrati, visto che 100 anni fa eravamo noi a emigrare in America Latina. E aveva ricordato una tragedia del 1927, quando il piroscafo Principessa Mafalda diretto a Buenos Aires, che portava emigrati piemontesi, era affondato davanti a Rio De Janeiro. Il Papa gli aveva telefonato per ringraziarlo commosso perché i suoi nonni avrebbero dovuto essere su quel piroscafo, ma partirono l’anno dopo perché non avevano i soldi.



Da quel momento nasce un rapporto di grande sintonia e, ancora di più, di amicizia. Il Papa propone a Petrini di scrivere l’introduzione dell’enciclica Laudato si’ e lo invita al sinodo dell’Amazzonia. Carlin fa nascere comunità laiche chiamate Laudato si’ per vivere e non solo discutere il contenuto dell’enciclica.

Il volume, che riporta quattro dialoghi, che negli anni sono intercorsi tra i due uomini, argomenta le preoccupazioni per il pianeta, inteso come “umana dimora”.

Il tema va ben oltre quello ecologico, come ricorda il Papa: “Non si tratta di ambientalismo, che per quanto nobile non è sufficiente. Qui stiamo parlando di quale modello di convivenza e di futuro abbiamo e di come costruirlo: in gioco c’è l’enorme questione della giustizia sociale che ancora oggi, nel mondo interconnesso e apparentemente prospero in cui viviamo, è ben lontana dall’essere realizzata”.

Il Papa e Petrini convergono nel mettere sotto accusa quelle derive dell’economia moderna che non si curano dell’umiliazione della dignità delle persone e della distruzione del pianeta. Le pandemie stesse, come il Covid-19, nascono da un rapporto squilibrato tra uomo e ambiente, alterato da un progresso indiscriminato, incurante degli equilibri profondi e misteriosi che stanno alla base della permanenza della razza umana sulla Terra.

Occorre porre fine a quell’economia dello scarto che distrugge la ricchezza e la bellezza del nostro pianeta fatta di biodiversità, non solo ambientali, ma anche umane. Un esempio paradigmatico è la sorte di tanti piccoli produttori agricoli del Terzo mondo (e non solo) rovinati dal mercato mondiale, che impone prezzi artificiosamente bassi. Per difenderli e valorizzarli, Petrini li ha radunati nel grande movimento internazionale Terra Madre, rete ecologista “di contadini, pescatori, artigiani, cuochi, ricercatori, indigeni, pastori”.

Spirito retrogrado e anti moderno? Sbaglia chi pensa che la linea dei due sia l’invettiva contro la modernità. Piuttosto è un’accusa a quei pezzi di modernità che negano importanti conquiste di civiltà. Derive come la noncuranza verso povertà e disuguaglianze crescenti, la denigrazione nei confronti della solidarietà e della condivisione, l’atteggiamento solo predatorio verso l’ambiente, il denaro concepito come ciò che governa e non che serve.

Il creato va salvaguardato, ma anche guardato perché ci insegna qualcosa. Ad esempio, il valore della biodiversità riguarda anche quella umana, che è segno e stimolo alla creatività e al cambiamento. Ed è proprio il Papa a sottolinearlo: “Noi possiamo pregare tutti alla stessa maniera, ma questo distrugge la biodiversità umana, che è anzitutto culturale. No! Ognuno preghi secondo la propria cultura! E celebri i sacramenti secondo la propria cultura: nella Chiesa ci sono più di venticinque riti liturgici differenti, che sono nati in culture diverse”.

Ma come cambiare? Ai petrolieri ricevuti nel 2019 che gli spiegavano che se si mette da parte ora il petrolio ci sarà una seconda crisi degli anni Trenta, risponde che è vero, ma “ci vuole la saggezza di fare le cose lentamente, senza togliere il lavoro. Perché il lavoro è come l’aria della nostra cultura, senza il lavoro l’uomo diminuisce…”.

Il cambiamento parte da noi, da tutti noi. Ma non da soli. Individualismo e “disintermediazione” hanno lasciato solo macerie. Non si può vivere senza sussidiarietà, senza luoghi in cui le persone possano crescere, esprimersi, costruire opere, porre le fondamenta di una democrazia partecipata, quella generata dai movimenti popolari di tutto il mondo che il Papa apprezza e ha incontrato a più riprese.

L’ecologia integrale, quella che nel Papa è ispirata dal vivere la presenza incarnata di Cristo e in Petrini dall’impegno laico per l’uomo, nasce in entrambi dalla passione e dalla commozione per la vita dell’uomo concreto, che è al centro dell’attenzione soprattutto quando è povero, sofferente, vinto. Insieme al vaccino contro il morbo occorre tornare a ricercare uno spirito davvero umanitario e religioso dell’esistenza, senza il quale la natura continuerà a fare il suo corso, ma senza di noi.