Per la riforma dell’Irpef i tempi si stanno rivelando non maturi, ma il confronto degli ultimi giorni – attorno alla pubblicazione della Nadef – non è stato inutile. Ha chiarito alcuni punti di partenza per lo sviluppo del progetto che il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha comunque confermato per il triennio conclusivo della legislatura.

Il Mef aveva proposto una manovra strutturale sull’imposta-architrave già prima dell’emergenza-Covid: in coerenza con il mandato politico della maggioranza del Conte-2 composta da M5S, Pd, Iv e Leu. L’obiettivo era chiaro e ambizioso: semplificare l’articolazione tecnica dell’Irpef (ridurre gli scaglioni di aliquota e disboscare le detrazioni incrostate da quattro decenni di Leggi di bilancio) per ridare slancio alla politica fiscale in chiave di equità, soprattutto sul terreno del contrasto alle diseguaglianze socioeconomiche. Gualtieri ha rilanciato l’indirizzo dopo il ciclone-Covid, sulla base di due premesse: a) la pandemia ha reso più estesi e profondi i gap di redditi e tutele; b) un’Irpef più flessibile – e in concreto alleggerita per gli imponibili medio-bassi – si presenta come una leva efficace per il rilancio dei consumi e quindi per la ripresa del Pil.

Il dibattito ha posto in discussione entrambe le posizioni. Una prima obiezione – che il Mef è sembrato accogliere – è stata di metodo: affrontare un’emergenza congiunturale mettendo in lavorazione una riforma strutturale può rivelarsi arduo se non pericoloso e controproducente. Meglio concentrarsi su una buona Legge di stabilità 2021, in un contesto di eccezionale complessità. Tutte le variabili macro sono “impazzite” – non solo in Italia – e per questo l’Ue ha sospeso i parametri di Maastricht e impostato (anche se non ancora implementato) il programma Recovery. Su questo sfondo nessuno sembra dissentire dall’idea che la manovra 2021 possa essere incardinata su alleggerimenti Irpef estesi per gli imponibili più bassi, con una ristrutturazione delle detrazioni orientata delle famiglie più deboli e numerose.

Non c’è dubbio (lo ha sottolineato fra gli altri Mario Monti) che il sostegno a milioni di italiani messi improvvisamente in ginocchio sia una priorità di politica sociale (ma non “economica o “del lavoro”): da affrontare anche con l’utilizzo della leva fiscale. È però ben altra cosa – ha notato Carlo Cottarelli – presentare in questa fase come “riforma dell’Irpef” una manovra penalizzante per quel 12% dei contribuenti con imponibile superiore ai 40mila all’anno, che alimentano metà del gettito Irpef, al netto di fenomeni d’evasione ancora gravi.

Il confronto resta naturalmente acceso sul merito della “nuova Irpef”. Se Gualtieri resta convinto che l’urgenza sociopolitica e quella economico-finanziaria possano essere combattute con lo strumento unico del “taglio delle tasse” alle famiglie, rimane agguerrito il fronte di quanti sollecitano invece una più marcata attenzione fiscale alle imprese. Anzi – in materia di Irpef – una riflessione speciale sul terreno cruciale del lavoro autonomo. Osserva Cottarelli: “Il sistema attuale comporta, in pratica, tre diverse curve di aliquota media a seconda che il percettore di reddito sia un lavoratore dipendente, un pensionato o un lavoratore autonomo. Esistono differenze di trattamento fra reddito di lavoro autonomo e reddito d’impresa, quando invece le micro-imprese non sono molto diverse dal lavoro autonomo. Esiste ancora il regime forfetario per gli autonomi: la flat tax del governo gialloverde. Esistono i redditi con imposizione sostitutiva – redditi di capitale, finanziari diversi, da fabbricati, da plusvalenze immobiliari – con differenze marcate di trattamento fiscale”. È un vasto campo di battaglia politico-economico in cui l’esigenza di ridare semplicità ed equità alla fiscalità di imprese e lavoratori autonomi si fonde con la richiesta di puntare le politiche di Ricostruzione su chi investe, innova, compete, esporta, assume.

L’autunno 2020 è effettivamente troppo presto per pensare a una “riforma dell’Irpef”. Ma la Legge di stabilità 2021 va fatta “qui e ora”. Sbagliando il meno possibile.