Quelle fiere che resistono

Il sistema fieristico nazionale sta esprimendo il massimo della resilienza di cui è capace. Ora servono linee di politica industriale. E va coinvolta la Ue

Il BiMu delle macchine utensili alla Fieramilanocity: svolto con successo – e in totale sicurezza – quando già la seconda ondata del Covid si alzava all’orizzonte. Ma anche l’Artigiano in Fiera Live, in calendario per nove giorni da sabato 5 dicembre sempre con la Fiera di Milano come hub. Un evento nuovo nel format, digitale ma uguale dal 1996 nel rendere vivo il Natale della bellezza e della creatività, dell’umanità imprenditoriale come risorsa per l’Italia e per il mondo. La fiera come fondamentale luogo d’incontro fra persone, storie, saperi: molto di più di una piazza di mercato.

L’elenco di tutte le fiere italiane che tengono, che resistono nella trincea del Made in Italy è fortunatamente lungo. ArtVerona Digital è in corso (tornerà in presenza nel 2021), mentre il leggendario Vinitaly è già stato annunciato “fisico” per giugno. Ma il roadshow di settembre in Cina si è svolto regolarmente. Il presidente della Fiera di Verona, Danese, presiede l’associazione nazionale degli espositori, pochi giorni fa in Senato ha tracciato un quadro di estrema difficoltà, ma anche di grande resilienza, per un settore di assoluta strategicità per l’Azienda Italia. Durante il primo lockdown sono state oltre 200 le manifestazioni cancellate, ma nella finestra post-estiva prima del secondo le fiere italiane hanno riaperto con 43 esposizioni domestiche e 69 internazionali in partnership.

E’ evidente – soprattutto all’indomani di una seconda fase di chiusura e nel timore di una terza – la necessità di misure d’urgenza. Un’ipotesi di lavoro sul tavolo del governo risale alla generale matrice “salva Italia”: il rimborso agli organizzatori delle differenze (o quote) fra i ricavi per manifestazioni fatte nel 2020 o 2021 e l’edizione precedente (due anni prima se biennale, tre se triennale).

In attesa che anche il ministero degli Esteri passi all’azione, il sistema fieristico nazionale sta intanto esprimendo il massimo della resilienza di cui è capace con le proprie forze. E’ stato significativo che il primo lockdown abbia spinto due big come Bologna e Ieg (Vicenza e Rimini) a mettere in cantiere un’aggregazione: con l’appoggio diretto delle Regioni Veneto ed Emilia-Romagna e l’attenzione del Tesoro, che potrebbe intervenire attraverso Cdp. Ma un piano straordinario di settore non sembra più eludibile: e non per “salvare singole aziende in crisi”, quanto piuttosto per rilanciare in modo organico il settore fieristico lungo tutte le direttrici dell’innovazione e di una nuova competitività internazionale.

Sostenere le fiere è fare politica industriale non diversamente con il piano Transizione 4.0. Anzi: le fiere stesse sono imprese italiane già pienamente coinvolte dalle grandi trasformazioni digitali che la pandemia sta solo accelerando. Sarebbe tuttavia un errore orientare il riassetto-rilancio delle fiere italiane lungo una traiettoria full digital. La tecnologia è sempre stata uno strategico punto di forza delle “macchine” fieristiche italiane e la creazione di piattaforme digitali dotate di flessibilità multifunzione appare certamente un percorso da aprire e seguire oltre l’emergenza. Da un lato c’è il versante della “riproduzione virtuale” delle manifestazioni fisiche o dell’invenzione tout court di eventi solo online. Ma dall’altro è indispensabile non cancellare – o svalorizzare con inutili duplicazioni – le dimensioni umane della manifattura nazionale: generata anzitutto dalla sua imprenditorialità diffusa sui territori.

Cruciali si profilano comunque le linee di governo di una politica delle fiere: politica industriale, perché modellata sulle filiere eccellenti (moda, arredo, legno, macchine utensili, artigianato eccetera). Di qui la necessità di dare un supporto specifico (selettivo) quanto più alle manifestazioni di respiro internazionale innestate sui grandi settori del Made in Italy. Di qui l’opportunità di stimolare la Ue e di collocare il rilancio della fieristica entro la cornice programmatoria Recovery/Next Generation, ma senza dimenticare – a valle dello snodo strutturale del governo nazionale – le peculiari e dinamiche esperienze delle regioni.

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