La crisi del Governo Conte sta incidendo anche sulla gestione di un passaggio delicato ed importante per il Mezzogiorno. La tentazione di gestire in autonomia i fondi che arriveranno dall’Europa, seguendo uno schema di sostanziale commissariamento delle amministrazioni che non riuscissero a spendere i fondi, non è in sé errata. La pubblica amministrazione, specie nel Mezzogiorno, ha più volte dimostrato di non essere in grado di aprire cantieri e avviare progetti con tempistiche europee. Anzi, con i fondi non spesi dal Mezzogiorno, anni addietro, la Polonia costruì le sue autostrade sfruttando i fondi restituiti dall’Italia e impiegandoli celermente. Una vicenda dolorosa e sintomatica delle inefficienze che il Paese ed il Mezzogiorno non sono in grado di superare.
Emerge in tutti commenti sul tema degli investimenti nel Sud sempre, senza alcuno che sostenga il contrario, l’incapacità di spendere, e bene, le risorse. Non importa quali siano i motivi, che spesso sono talmente radicati nei gangli della pubblica amministrazione che diviene impossibile capire quale fattore sia più incidente; quello che è certo è il risultato deludente. Si deve intervenire in maniera radicale e senza dubbi, agire anche a prescindere dalle singole amministrazioni se non si rispetteranno i tempi. Il Paese, i suoi cittadini, non possono attendere altri decenni. E soprattuto l’Europa, che ci conosce, non ce lo consente.
Perciò è giusto superare con progetti eccezionali i problemi che hanno bloccato troppo spesso il Mezzogiorno.
Quello che Conte ha sottovalutato, però, è che una tale rivoluzione non può essere gestita senza un consenso ampio e profondo delle forze politiche e del Parlamento e che un piano di questa portata non può essere attivato senza rispettare il principio di una divisione equa dei fondi con il fine di trovare un’equità ripristinatoria dei diritti dei cittadini del Mezzogiorno.
Come è emerso, mancano circa 41 miliardi di euro al Mezzogiorno nella divisione tra territori. Di questo delta negativo se ne sono accorti i governatori del Sud. De Luca in particolare ha convocato la prima assemblea tra tutti i presidenti di Regione del Mezzogiorno per creare un fronte comune nei confronti del Governo. È un’iniziativa che può essere utile e giusta se servirà definitivamente a mettere i fondi a servizio di un vero progetto di coesione. Evitando che questa urgenza della spesa non diventi un metodo di accentramento di potere e di gestione autocratica delle scelte, che dimentichi il perché il nostro Paese ha ricevuto tanti fondi. Ora che appare all’orizzonte un periodo di confronto duro tra Conte e le forze che lo appoggiano, il rischio è che si punisca non solo Conte, ma anche chi deve essere al centro dei pensieri della politica. Ovvero i cittadini, le imprese e i territori che stanno soffrendo. Perciò la possibile condivisione di una benda da parte dei governatori del Mezzogiorno può essere un elemento che aiuta a fare presto e bene.
Quello che la politica deve fare è trovare quanto prima una soluzione alla sua crisi interna e non cadere nella tentazione di buttare il bambino con l’acquai sporca.
Se Conte ha, o meno, la possibilità di proseguire lo decideranno i partiti ed il presidente Mattarella, ma quello che non si può arrestare è il processo di ricostruzione del Paese, e del Mezzogiorno. Un processo che non può attendere elezioni e campagne elettorali, con il vuoto di potere che si generebbe.
Quello che va fatto in sede di verifica è spingere per un potenziamento degli strumenti di spesa ed una accelerazione dei processi di affido delle opere e di rendicontazione della spesa stessa secondo gli impegni che l’Europa chiede. Ma mettendo al centro il riequilibrio del Paese e destinando al Mezzogiorno la quantità giusta, e quindi maggiore, di risorse.
Mantenere l’idea di un percorso rapido e straordinario di spesa non vuol dire difendere il progetto Conte per quello che è. Anzi. Si possono trovare varianti e miglioramenti importanti, che coinvolgano maggiormente le comunità coinvolte nel processo, così come si può pensare di mettere in piedi una struttura che agisca attingendo anche alla risorse interne della Pa, piuttosto che immaginare sovrastrutture estranee. Così come il coordinamento delle singole voci può restare i capo ai ministri più capaci. Sono tutte ipotesi di modifica sensate e che in parte già si avanzano.
Non sappiamo se quello di Renzi sia un all-in o un bluff, certo è che trovare un equilibrio per i prossimi anni ripartendo da un’intesa su come gestire e spendere i soldi del Next Generation Eu è essenziale per il Mezzogiorno. E se i temi non saranno solo legati ai personalismi ed alle carriere dei singoli politici, allora questa fase complessa del governo Conte potrà essere utile per dare slancio al progetto di ricostruzione del Paese.
La sorte di questo governo, in sostanza, è molto meno importante della necessità di un accordo ampio, condiviso e definitivo su come spendere e bene le risorse, soprattutto nel Mezzogiorno.
La politica ha il dovere di andare avanti, con o senza Conte, se non vogliamo che la Polonia, dopo essersi pagata le autostrade con i nostri soldi, non lanci la sua corsa allo spazio sfruttando le liti italiche sulle sorti di qualche individuo.
Trovare un’intesa su come gestire e spendere i soldi del Recovery è essenziale per la sopravvivenza del Mezzogiorno