Non è passata inosservata, alla vigilia di Natale, una singolare intervista congiunta a Leonardo Del Vecchio e Giorgio Armani. I due pesi massimi del Made in Italy, ufficialmente, hanno annunciato un progetto trilaterale che coinvolgerà anche la Comunità di Sant’Egidio sul terreno della solidarietà in tempo di Covid. Presentando “Go Ahead a Milano” (sostegno agli affitti e alle spese scolastiche per le famiglie rese fragili dalla pandemia) Armani non ha eluso del tutto una domanda su una possibile alleanza con Essilux, il nuovo colosso italo-francese controllato da Del Vecchio. Il quale non ha rinunciato, dal canto suo, a ribadire due riflessioni-cardine sul futuro dell’Azienda-Italia.

La prima: “Le imprese per essere forti devono essere grandi, ma prima ancora devono avere una visione, un’idea chiara di business. Con questo spirito ho affrontato la nascita di Essilux e di Covivio nell’immobiliare che, seppur non subito comprese da tutti, hanno creato campioni europei in grado di fronteggiare la competizione”. Poi: “Ho sempre guardato con sospetto ai grossi gruppi, dei quali però comprendo utilità e scopo in uno scenario sempre più vasto. Ben venga quindi la formazione di un polo italiano (del lusso, ndr), che onestamente preferirei guidato da un imprenditore, o una cordata di imprenditori, ma non statalizzato. Il privato è sempre più rapido, flessibile, adattabile”.

Né Del Vecchio né Armani si devono essere certamente stupiti che la manovra 2021 si sia concentrata su una ventina di nuovi bonus “al dettaglio” – essenzialmente al consumo – portando da 800 a 4.600 milioni gli stanziamenti “riservati alla gestione parlamentare” (della maggioranza e anche dell’opposizione). Nessun bonus è stato invece previsto – ma neppure lontanamente immaginato – per favorire fusioni o altre operazioni di partnership fra aziende che vogliano aggregarsi per resistere e crescere (salvo – forse – un paio di miliardi destinati a tappare gli ultimi buchi di bilancio di Mps, rendendone più agevole il salvataggio finale da parte di qualche altro gruppo).

Eppure la legge di stabilità al voto in queste ore è nata ufficialmente già sotto l’ombrello del Recovery fund, cioè all’avvio di una lunga stagione di resilienza e rilancio dell’economia europea. Ma alle imprese – motore della seconda manifattura europea – il governo italiano ha finora offerto solo misure tampone: necessarie soprattutto sul versante occupazionale; ma non certo sufficienti su quello industriale a stimolare investimenti, innovazione, sviluppo. Come unica opzione strategica – rimasta per ora largamente sulla carta – il decreto Liquidità di primavera ha prospettato l’ingresso pubblico della Cassa Depositi e Prestiti in caso di ricapitalizzazioni.

Resta il fatto che a Natale due imprenditori-leader come Del Vecchio e Armani – entrambi preoccupati anche per il futuro dei rispettivi gruppi dopo di loro – ventilano una grande alleanza, ma nel frattempo lamentano la mancanza di una “visione” di politica economica che vada oltre l'”assistenzialismo” e che parta da una fiducia reale delle forze politiche negli imprenditori del Paese. Tra i quali vi sono centinaia di futuri Del Vecchio e Armani. E sono decine di migliaia quelli che condividono già con Del Vecchio e Armani la costruzione quotidiana del Made in Italy: dal design di sistemi d’arredo alla meccatronica. Tutti stanno lottando per restare competitivi e sono sempre di più quelli che hanno aperto sui loro tavoli un dossier di aggregazione: crescere per resistere, entrare nel futuro senza indugi per giocarvi da protagonisti. Chi li ignora tradisce un grande interesse collettivo italiano.