Le infrastrutture della fiducia

L'esempio di Boris Johnson vale anche per l'Italia: piani di investimenti pubblici sblocca Pil

Sessanta giorni dopo aver conquistato al voto anticipato la maggioranza assoluta ai Comuni, undici giorni dopo aver ufficializzato Brexit, il premier britannico Boris Johnson ha annunciato ieri il via libera al progetto HS2: una nuova “spina dorsale” ferroviaria ad alta velocità destinata a collegare Londra con le le grandi città industriali delle Midland inglesi (Birmingham, Manchester, Leeds, Newcastle) e in prospettiva a tenere connesse le metropoli scozzesi. Il progetto ha un valore odierno stimato in 106 miliardi di sterline (123 miliardi di euro) e ha uno sviluppo previsto di un ventennio. A lavori interamente realizzati, la tratta Londra-Manchester (262 chilometri) verrà percorsa in un’ora: un tempo dimezzato rispetto a oggi.

Il piano – messo sul tavolo già nel 2017 da Theresa May – ha scontato finora la paralisi parlamentare ma anche le forti opposizioni dell’ambientalismo Labour (fra cui quella del sindaco di Londra, Sadiq Khan). L’annuncio su HS2 è giunto nel giorno in cui è stato ufficializzato che il Pil britannico è rimasto stagnante nell’ultimo trimestre del 2019, principalmente per le incertezze politiche legate alla volata finale su Brexit (novembre in campagna elettorale è stato recessivo, dicembre con lo sblocco nelle urne e quindi con la season festiva ha segnato un primo rimbalzo). 

Quando sul Sussidiario di ieri Luigi Campiglio  è tornato a sollecitare con urgenza un piano di investimenti pubblici “salva-Italia ” pensava chiaramente a una strategia di questo tipo per un Paese che ha archiviato il terzo trimestre del 2019 con il Pil a -0,3% e l’anno intero con -1,3% di produzione industriale. Ha fatto bene l’economista della Cattolica a ricordare che appelli come il suo risuonano inascoltati da mesi, anzi da anni. Ha avuto ragione a insistere in giorni in cui una specifica emergenza-infrastrutture è riemersa con drammaticità nella più generale emergenza economica italiana. E non ha certo avuto torto (come del resto Carlo Pelanda) a collegare direttamente l’effetto diretto di stimolo keynesiano proprio di un piano di lavori pubblici con l’impatto sul clima di fiducia dell’Azienda-Paese: sul quale si giocano

Quando la produzione industriale della seconda potenza manifatturiera europea si avvita, quando il credito bancario chiude piatto il 2019 a fronte del boom dei depositi bancari liquidi (a rendimento zero), il punto non è più quale governo non ha fatto quello che avrebbe dovuto o quale governo potrà fare ciò è necessario. La sfiducia non è più contro una ricetta politico-economica rispetto a un’altra. La “fiducia zero” – cioè la vera e pericolosa radice della deflazione – è nell’assenza assoluta di consapevolezza di una crisi-Paese, prima ancora che di idee e di volontà politica di realizzarle in un’azione di governo. Anche senza un voto anticipato come in Gran Bretagna, con o senza un cambio di governo, l’Italia ha bisogno di una scossa: subito. Anche prima di 60 giorni. 

         

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