Il sale: è sempre quel pizzico di sale in più o in meno che fa la differenza. La luce: quei sorrisi che sono riserve di luce e poco t’importa se ti bruci un po’ le ali per raccoglierli. Sale e luce, condimenti primordiali di un Dio-buongustaio: «Voi siete il sale della terra (…) Voi siete la luce del mondo».

Una dichiarazione di guerra più che un invito a cena: più una missione che una ricetta. Un’ammissione di generosità: il sale non serve a se stesso, è a favore di una pietanza. La luce non serve a se stessa: è e favore di uno spazio. E’ ordinaria amministrazione della vita: «La più importante qualità di una casa è la luce – scrive una ragazza sul profilo twitter -. Quanta luce fa entrare? Lo stesso vale con le persone». Chi non riesce a fare luce, dunque, è pregato di non fare ombra: «Non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere». Niente è più utile del sole e del sale: istruzioni primordiali per la sopravvivenza dei discepoli. E’ parola di Gesù.

Il rischio d’apparire un giorno insipidi, il ruggito della tentazione di mostrarsi insignificanti – ch’è lo scherzo stupido del Demonio – Cristo l’ha calcolata all’inizio della sua missione, mettendo le cose subito in chiaro: “Nessuna lezioncina al mondo, gente: solamente la vostra testimonianza”. Che è un invito ad andare in guerra con la luce sul volto e il sale sulle labbra.

Facciano attenzione che nessuno li imbrogli, perché l’aspetto inganna: l’ho imparato un giorno, a mie spese, quando ho messo il sale nel caffè. Mi è capitato anche il contrario: di mettere lo zucchero nell’insalata. La bocciatura è stata firmata dal senso con la più alta indicazione di gradimento: il gusto.

Il sale non è lo zucchero, dunque. Tant’è che il Maestro non disse: “Voi siete lo zucchero”, ma si premunì di dire l’esatto contrario: «Voi siete il sale». A confondere il tutto, fu il guascone di Lucifero, che metterebbe il dolcificante dappertutto: rimane il padre delle persone che sono necessarie come il sale nel caffè.

Il rischio dell’insignificanza, dunque, è altissimo: «Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?» Lo zucchero è un sale-scaduto, andato a male: «A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (cfr Mt 5,13-16).

C’è tutto un mondo cristiano esperto in piagnistei: “La gente non ci vuole più, non c’è più l’interesse di una volta” si recita negli anfratti nascosti delle sacristie. E’ davvero così: abbiamo qualche problemino con il mondo.

E’ un problema-rovescio, però: non siamo più un problema per il mondo, il nostro messaggio non ha più sprazzi di novità per nessuno. E la fede diventa scontatezza, il sale tramuta in zucchero, la luce si fa penombra: «L’ateo – scrive il filosofo Salvatore Natoli – può essere non turbato da quello che il cristianesimo annuncia, dal contenuto improbabile di questa fede, ma di certo è turbato dal fatto che vi siano uomini capaci di essa». La ricetta del sale, in versione moderna: “Accettate la fatica di testimoniare ciò in cui credete, di sapere chi siete professandovi credenti”.

Al bando l’arte del piagnisteo. “Il mondo ci rifiuta, è finita un’epoca” dicono in tanti sulla soglia di chiese semi-deserte: «Le nostre chiese sono ancora piene di pagani che vanno a messa» rispose il grande genio di padre Yves Congar.

Più che un problema di rifiuto, dunque, è un problema d’insignificanza: il sale s’è fatto di zucchero, la lampadina si è bruciata. La gente, nel frattempo, si è accorta che il mercato è pieno di contraffazioni: fregata, a più riprese, sulle sofisticazioni degli alimenti, in materia di adulterazioni spirituali ha il fiuto affinato. E declina, gentilmente, l’invito: rispedendolo al mittente. Più che un rifiuto, dunque, è una tirata d’orecchi a crederci di più, con più sale e meno zucchero, per non venire calpestati: «Chi non ha luce in viso, non diventerà mai una stella» (W. Blake).

Esistono due modi per diffondere luce: essere una candela o uno specchio che riflette. Nel caso, poi, non avessimo più luce, qualcuno potrebbe dirci di aver capito finalmente di che pasta siamo fatti: pasta che manca di un po’ di sale. Una sorta di tradimento: il sale c’era nella credenza, bastava alzarsi e andare a prenderlo.