La verità è lo scandalo più ambito dall’uomo. Se ne invaghisce e la richiede con forza, come se non potesse farne a meno. Ne cerca disperatamente i sinonimi nelle cose che lo circondano, la invoca nelle piazze e nella sua vita, la vuole a tutti costi e si dice pronto a qualsiasi fatica pur di averla. E sempre la verità che trova non è quella che cerca. Perché la verità è di per sé oggettiva e pura, incorruttibile, mentre l’uomo è parziale e cerca nel mondo le sue conferme che chiama verità. Oggi che molto del mondo è frutto di rappresentazione di se stessi, della spasmodica ricerca di una conferma al proprio modo di intendere le cose, e, alla fine, di ciascuna parziale visione, pare vincere chi afferma con forza, anche oltre la ragione, la propria verità e non quella che che appartiene ai dati oggettivi.

In questo spaventoso circolo vizioso fatto di tante verità conclamate e contrastanti, ognuno si aggrappa alla sua e solo quando il vento gira e  si mette a favore di quella particolare verità, solo allora essa diventa condivisa al punto di apparire tale a tutti. Ma sarà solo una versione della maggioranza e non la verità pura e semplice. “Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare” secondo Eraclito, e questa massima riassume in sé la contraddizione di cui i nostri tempi sono vittima.

Ogni volta che nel dibattito pubblico si invoca la verità, si dovrebbe accettare il sottinteso che chi la cerca potrebbe essere smentito. E così i proclamatori di verità dovrebbero prepararsi al momento i cui i fatti conclamati smentiscono le narrazioni.

Uno dei primi e maggiori proclamatori di verità per proprio tornaconto ha avuto la ventura di amministrare un corpo millenario di abitazioni alle pendici del Vesuvio. Per quasi dieci anni ha promosso ogni sorta di ricetta anti-sistema, raccontando la sua verità e dando per certo che ogni scelta, fatta in modo fideistico, avrebbe dato effetti quasi miracolosi. La verità proclamata era quella che un Ente possa esistere senza rispetto per l’economia e senza attenzione per i numeri, che tutto si può senza avere senza pagare, che le regole di gestione non valgono e che il mondo si piega alla scelta di avere diritti senza pagare alcun prezzo. 

Oggi la verità è che il Comune di Napoli è tecnicamente fallito. La Corte Costituzionale ha spazzato via le due leggi che consentivano la sopravvivenza  del Comune come ente e ne ha sancito di fatto la fine come organo di gestione. Le norme che consentivano una dilazione del debito pluridecennale e l’uso delle anticipazioni di cassa, come parte attiva del bilancio, non esistono più ed ora il dissesto arriverà inesorabile a sancire la fine di una stagione tra le peggiori per il Mezzogiorno. 

La parte più dolorosa è il ritardo che questo immobilismo contemplativo del Golfo, nel mentre si gusta una pizza, ha prodotto. Tassazione ai massimi, servizi inesistenti, evasione sulla tassazione fuori controllo, manutenzione azzerata, dipendenti da 18mila a 7mila, perdita di cittadini ed emigrazione giovanile ai massimi, disoccupazione gravemente stabile tra giovani e non, perdita di Pil e nessun progetto di rilancio credibile alle porte. Il tutto condito da bar che servono cicchetti e alcol fuori controllo a minori e non, con ragazzi poco più che maggiorenni che perdono la vita in modo assurdo dopo bevute insensate. Per non rammentare dei marciapiedi in mano ai camorristici parcheggiatori abusivi e dei clan che vivono spacciando e taglieggiando e che, come testimoniato da un’inchiesta, utilizzano droni e smartphone per comunicare con capi e affiliati teoricamente detenuti.

Insomma, la verità è arrivata e non ha sconti. La narrazione di un punto di vista utopico e distruttivo, che avrebbe voluto dal nulla tirar fuori risorse, impone a tutti una presa di coscienza. A chi vi abita la necessità di accettare l’idea che non esiste una possibile via autoassolutoria alternativa che consente di vivere senza etica e responsabilità; a chi intende governare che senza i fondamentali supporti della competenza e della tecnica non si produce che disastro; a chi si candida che, per rimediare a tutto ciò, serve una grande progetto di rinascita e di missione per la città a cui ogni livello di governo deve partecipare. Senza il supporto dello Stato e senza la voglia di uscire da questo melmoso groviglio, il declivio si farà più ripido e seguendo le elementari leggi della fisica i fenomeni di disgregazione sociale e materiale  accelereranno inesorabilmente. 

Ora la verità è davanti agli occhi di tutti ed i tatticismi tecnici che proveranno ad allungare i tempi perché coincidano con le elezioni del prossimo anno non riusciranno ad eliminare dal dibattito e dalla discussione la certezza che la stagione dei proclamatori di verità per proprio tornaconto dev’essere messa da parte e che a tutti vanno mostrati i risultati, gli effetti, i dati di una stagione di fallimentare regressione che tanti sommessamente vivono sulla loro pelle e perciò, forse, già ben conoscono ma che ancora fanno fatica a chiamare verità.