L’unica promessa che fece fu quella di promettere soltanto ciò che poteva offrire: la sua parola. Poi fece trovare tutta quanta la promessa: quella parola la mantenne. Risorse. Anche Satàn, il beccamorto che teneva il chioschetto vicino al sepolcro, promise: che, morto, non l’avrebbero più rivisto quel Dio-cantastorie divenuto così affidabile da vedersi affidare i cuori per farli fruttificare. È storia di tutti i giorni, è la regola dei beccamorti: in pochi promettono come loro. Nessuno promette tanto quanto colui che già sa, mentre promette, che non manterrà mai: «Piccola magia – scrisse Mason Cooley -: per far scomparire le persone chiedi loro di mantenere le loro promesse».

Le promesse sono gli unici appuntamenti a cui non dovremmo mancare: “Sono come la crosticina del pane cucinato nella stufa: sono fatte per essere infrante”, è da sempre lo slogan di Lucifero. Portare a casa la firma di un’assicurazione sapendo che, in caso d’incidente, lui poi non soccorrerà. “Le promesse sono come la luna piena – gli rispondeva senza mai avergli risposto il Cristo, da dentro il sepolcro -: se tu non le mantieni, poi loro diminuiscono di giorno in giorno”. La domenica risuscitò. Lui era la luna piena di tutta l’umanità: «La luna è piena e non sappiamo chi l’ha messa in questo stato» scrisse A. Allais. Nel ghiaccio del sepolcro, la luce si colorò di luce.

Quando risorse, nel cuore della notte, fece ritorno nei cuori esattamente come se n’era andato via: in punta di piedi. Lui, al quale il mondo aveva intimato d’andarsene dai piedi. Tornò come la luna che, quando entra in una casa, non bussa mai: entra sempre prepotentemente dalle persiane. È un’emozione così forte la luna che, a bussare, non ci pensa nemmeno. “Mantenere” è il suo verbo preferito: un verbo che parla di mani e di legami, di mani tenute per mano (man-tenere), di cuori in allerta. Fuori dal sepolcro di Gerusalemme, la luna tenne per mano la vita, perché non capitasse che si spegnesse: quando la Vita – «Io sono la Via, la Verità, la Vita» (Gv 14,6) – aprì la porta, la luna si fece piena. E la vita venne messa a disposizione di tutti. A Betlemme era nato in una notte di stella-cometa, a due passi da Erode, la più grande stella-cadente del vicinato. Nacque in un silenzio che quasi nessuno s’accorse: silenzio-tomba.

A Gerusalemme, in cima a una salita popolata di stelle cadenti, ritornò nel mondo all’identica maniera: lo fece in modo che fossero in pochi ad accorgersene. “Sai Mamma – fu il loro dialogo del cuore, di sabato – è amore quando ogni distanza ti sembra un percorso brevissimo e ogni attesa una promessa meravigliosa. Abbi fede, madonnamia: il mio silenzio diventerà possibilità per tutti”. Lei credette, fu la sola a non addormentarsi. Glielo deposero dalla croce, se lo fece deporre in grembo.

Quella Croce rimase una doppia-cicatrice: nelle mani, nel petto. Nacque lì, nel passaggio tra morte e risurrezione. Rimarrà il più bel racconto di cos’è una vita: «Se non mi trovi subito non scoraggiarti, se non mi trovi in un posto cerca in un altro. Da qualche parte starò fermo ad aspettare te» (W. Whitman).

Satàn, a Pasqua, si rimangia le unghie per pranzo, leccandosi la ferita: la batteria di un telefono dura molto più di una sua promessa da marinaio. Quando mi viene una voglia matta di cadergli in braccio, vado a rileggermi tutte le false promesse che mi ha fatto finora. E quella voglia mi passa così in fretta che mi viene una voglia contraria, la più contraria delle voglie: ribattergli in faccia la sconfitta. «La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15,54-55): anche il sole del giorno peggiore tramonta.

Uscito dal sepolcro, se ne andò a spasso per i cuori: ebbe memoria buona da ricordarsi tutti i numeri-civici. Decise di fare così, di tornare sotto-casa e di far dipendere la sua vittoria dalla fede di chi incontrerà. Rimarrà un Dio-in-sospeso, alla mercé dei cuori. L’alternativa era il motto del beccamorto: “Per mantenere la parola, non darla”. Lui, invece, era la Parola-bella: la dimostrò, senza parlare.