Il gorgo mediatico che avvolge la quarantena ha inghiottito nell’ansia la vita delle famiglie rinchiuse con i loro problemi tra mura che circondano spazi troppo stretti già prima e che, solo ora, appaiono confortevoli ed affollati castelli purché ci proteggano da quel che c’è fuori: la minaccia invisibile che tutto rende sopportabile. Unico sfogo della mente e dei pensieri è la vita remota. Quella fatta di connessioni e video, giochi e intrattenimento, che da vita protoadolescenziale si è trasformata in quotidianità ordinaria.
Non solo chat, social e videogame, ma una vita passata nella rete ben oltre i limiti che gli esperti ante-Covid suggerivano di non oltrepassare. Disconnettere i ragazzi e noi stessi era una forma di tutela della salute a cui un recondito rimorso della coscienza si aggrappava per imporci di mollare, e far mollare, tablet e cellulari. Tutto questo è il passato.
Sulla via del futuro tutti ci rendiamo conto che un uso responsabile e consapevole degli strumenti di networking rimarrà anche dopo questo forzato periodo di abiura della fisicità. E che molto in profondità nelle nostre convinzioni dovremo cancellare l’antinomia virtuale/reale, poiché oggi è molto più reale e vivo ciò che dal virtuale viene. Arriva più vita e relazioni dai dispositivi connessi alla rete che dai pianerottoli dei condomini e dai cortili, vuoti e desolati come le piazze agostane nei giorni di calura.
Ma questa vita nuova nasconde un’evidente insidia. Non tutti hanno i medesimi strumenti per vivere appieno questa nuova fase. La scuola in particolare, e nel Mezzogiorno ancor di più, non ha raccolto la sfida con la necessaria tenacia. Per l’Istat, la percentuale di famiglie senza computer supera il 41% nel Mezzogiorno, con Calabria e Sicilia in testa, ed è circa il 30% nelle altre aree del Paese. Senza una rete internet diffusa ed efficace e senza strumenti tecnologici sufficientemente idonei a garantire a tutti le medesime possibilità, una parte importante di ragazzi e docenti non riesce a tenere il passo ed è drammaticamente esclusa dal diritto alla didattica ed alla formazione.
Le scuole hanno avuto una micro dotazione grazie al ministero dell’Istruzione che ha stanziato 70 milioni, degli 85 totali, proprio per fornire agli studenti meno abbienti dispositivi digitali per la fruizione della didattica a distanza, seppur con il vincolo del comodato e dopo che le scuole hanno farraginosamente utilizzato i pochi fondi disponibili. Ma proprio perché il Mezzogiorno è drammaticamente indietro, per assistere le famiglie con meno possibilità ed aiutarle ad ottenere i dispositivi necessari ci vuole ben altro.
Vincere questa corsa ad ostacoli diventa ancora più complesso per le troppe zone senza banda larga o con connessioni disponibili solo a consumo su rete cellulare. In quei territori possedere lo strumento non vuol dire poterlo usare in modo efficace. A ciò si aggiunga che “andare in video” per alcuni docenti pare sia più complesso che chiedere alla magnifica Mina di ritornare in tv dopo quaranta anni di assenza.
Certo il tema è quello del “digital divide”, ovvero della ingiusta differenza di accesso alla rete che affligge molti pezzi del Paese e che li esclude dalla possibilità non solo di vedere film in streaming ma anche di partecipare, laddove vi fossero, alle classi virtuali.
Ed altro tema è che nella crisi che impera non tutte le famiglie possono mettere a disposizione una connessione a pagamento per i ragazzi. Nel Mezzogiorno, che ancora arranca inseguendo la modernità diviso da molti solchi infrastrutturali e culturali, un salto nel futuro propiziato dallo Stato avrebbe un significato simbolico importante ed eliminerebbe, almeno in parte, quelle differenze che ancora permangono tra aree diverse del Paese. Troppi ragazzi sono ora esclusi dal contesto sociale e formativo vivendo la quarantena come una privazione del diritto a crescere ed istruirsi, consumando le ore ed i giorni, che non torneranno, senza scuola e formazione. Le famiglie ben dovrebbero avere a cuore questo tema ed andrebbero anch’esse educate al nuovo strumento, comprendendo che i ragazzi a casa sono nel tempo dedicato allo studio e che intrusioni o aiutini esterni per i compiti o durante le interrogazioni sono un danno per i ragazzi stessi. Ma senza hardware, senza strumenti diffusi, anche educare le famiglie diviene impossibile.
Ora il tema non è complesso da risolvere, ed il decreto di aprile potrebbe occuparsene. Se un tablet decente costa meno di cento euro ed una connessione illimitata dieci euro al mese, sarebbe sufficiente, per gli studenti che ne facciano richiesta (on Line), consegnare a spese dello Stato e tramite i noti spedizionieri l’oggetto e la scheda direttamente a casa. Una gara Consip spunterebbe prezzi eccezionali e diffonderemmo una piccola infrastruttura formativa in tutte le famiglie. Se poi ci fossero già installati i testi e le app didattiche che consentono di monitorare il lavoro dei ragazzi, il cerchio sarebbe chiuso e le famiglie, tutte indistintamente, avrebbero uno strumento idoneo da dare ai ragazzi e si darebbe a tutti i docenti la possibilità di proseguire la didattica. Verificando le presenze grazie agli strumenti virtuali e e ampliando la didattica con meccanismi di formazione e verifica più vicini al futuro che ci attende. Un’operazione fatta per tutti gli studenti di ogni ordine e grado, a richiesta e con una distinzione opportuna sui redditi, costerebbe qualche centinaia di milioni.
Sia ben chiaro che nulla sostituisce la didattica frontale e le classi fisiche come efficacia, ma avere disponibile e pronta una micro-infrastruttura didattica diffusa e puntuale, toglierebbe alibi ai genitori, docenti e ragazzi pronta se si ripresentasse una necessità di distanziamento sociale. Ma avrebbe anche l’utilità di evitare che le giornate perse per le allerta meteo, per eventi che impediscano di raggiungere la scuola, invece che assenze diventino giorni di Smart School, ovvero di scuola intelligente.
Il futuro è già tra noi prima che ce ne accorgiamo ed giunto il momento di accorgersene per fare nelle scuole del Mezzogiorno e del Paese un passo in avanti.