Ho già raccontato, e ne resto ancora convinto, che questo è un momento molto interessante, ricco di grandi opportunità e possibilità. Lo sto riscontrando nel mondo del lavoro, in famiglia e con gli amici; lo vedo nei miei ragazzi che, dopo una veloce euforia da videogiochi, iniziano a porsi domande. Non perché annoiati, ma perché si trovano costretti a far venire a galla tante questioni, personali e non, spesso e di solito anestetizzate dai rumori del mondo.
Sembra che, paradossalmente, la distanza fisica ci aiuti a prendere ancor più coscienza del nostro io e, come dice mia figlia piccola di quattro anni, ci permetta di “sentire il cuore che batte”. E dunque?
Quante volte mi pongo questa domanda, tutti i giorni faccio i conti con un certo rischio: gli operatori sanitari sono eroi, e dunque cosa facciamo per loro? Come possiamo aiutarli a stare meglio? Oppure, pensando al mondo politico, la domanda rimane la stessa: e dunque?
Sembra molto naturale “riempire” questa domanda con risposte facili, gridando allo scandalo per la nostra situazione o, ancora di più, cercando un colpevole, un capro espiatorio a tutti i costi, eludendo così, in maniera definitiva, il livello più profondo della questione.
E così continuiamo a dire che “dobbiamo dare più spazio alla libera espressione delle persone, non certo mettendo un uomo solo al comando; non dobbiamo far decidere all’ennesima task force costituita, dobbiamo aiutare più concretamente la sanità”. Sembra facile. Il problema è che il primo pensiero di getto non sempre risulta risolutivo. In questo caso, per nulla.
Partendo però proprio dall’esperienza che vivo ogni giorno, voglio rischiare qualche tentativo. La situazione che stiamo affrontando ci ha finora aiutati a scoprire grandi opportunità di digitalizzazione, a partire dalla possibilità di allargare il raggio delle nostre discussioni in modalità virtuale, cercando così di coinvolgere la base, ossia dipendenti e imprenditori che si stanno reinventando per uscire con le loro forze da questa crisi. O ancora: gli aiuti del Governo non si stanno dimostrando sufficienti a far fronte alle tante crisi personali di ciascuno. Da dove ripartire allora? Perché non tornare a chiedere di poter votare? Sono convinto che a nessuno piaccia un governo formato da persone che non sanno assumersi le responsabilità e che non vogliono essere giudicati.
Pur non avendo preferenze di schieramenti, riconosco che, forse per la prima volta, sento forte l’esigenza di voler e poter scegliere una classe politica adeguata: sento che io ci sono e vorrei scegliere!
Negli ultimi anni ho avuto spesso occasione di discutere sui tagli al Servizio sanitario nazionale, sulla mancanza di strategie e comprensione del sistema sanitario e del settore terziario, ambiti fondamentali per un vero sostegno alla presa in carico delle persone… Come mai, ora, in questo frangente, l’unica questione sollevata continuamente è se dichiarare o meno valido l’obbligo di indossare le mascherine? È chiaro, la realtà oggi ci costringe a scavare più in profondità.
Nel frattempo è sempre più evidente che, per prima cosa, è il momento di iniziare a costruire la classe politica del futuro a partire dal nostro quotidiano, a partire da questa situazione e dalle realtà che vediamo emergere.
Non trovo, a tal proposito, parole più adeguate se non riportando uno stralcio dell’Omelia del Santo Padre pronunciata lunedì 20 aprile, che consiglio a tutti di rileggere e guardare sul web: “Nella nostra vita cristiana tante volte ci fermiamo come Nicodemo, davanti al ‘dunque’, non sappiamo il passo da fare, non sappiamo come farlo o non abbiamo la fiducia in Dio per fare questo passo e lasciare entrare lo Spirito. Nascere di nuovo è lasciare che lo Spirito entri in noi e che sia lo Spirito a guidarmi e non io e qui: libero, con questa libertà dello Spirito che tu non saprai mai dove finirai”.
E vorrei aggiungere un augurio: “non state mai fermi”!