Ottimismo e coraggio

E’ il momento di porre le basi per una nuova normalità. Che sarà frutto di tante scelte. Ma due sono le qualità oggi necessarie: ottimismo e coraggio

Se la necessità è la madre dell’invenzione – e spesso lo è -, la crisi da coronavirus potrebbe sorprendentemente sortire alcuni esiti positivi. Certo, è assai poco probabile che possano in qualche modo risarcire il “pedaggio”, in termini di costi umani ed economici, che la pandemia sta provocando. Tuttavia, vista l’attuale carenza generale di ottimismo, può essere d’incoraggiamento prendere in considerazione alcune opportunità.



La prima ha direttamente a che fare con l’esigenza umana del comunicare. In tal senso, i tentativi di “accorciare” le distanze utilizzando le moderne tecnologie continuano a essere efficaci e positivi. Persone, comunità, aziende, gli stessi governanti, stanno tutti imparando nuove modalità di connessione: chi non può raccontare storie di nonni e nonne che il Covid ha fatalmente edotto sull’uso di piattaforme come Zoom, Skype o FaceTime?



Per le imprese, le conseguenze sono state ancor più profonde. Molti hanno imparato a operare in remoto, a livelli elevati e a velocità molto maggiori. Queste pratiche potrebbero essere mantenute, garantendo una migliore gestione e una forza lavoro più flessibile, spesso fondamentale per supportare i dipendenti nelle diverse fasi della vita: genitori con bambini piccoli, neo-mamme o gruppi di affinità come i disabili.

I leader ora hanno un’idea più chiara di ciò che può o non può essere fatto al di fuori dei processi tradizionali delle loro aziende. Molti stanno iniziando ad apprezzare la velocità con cui le loro organizzazioni possono muoversi, una volta cambiato il modo in cui si fanno le cose. Il coronavirus, cioè, sta forzando ritmo e portata dell’innovazione nei posti di lavoro: poiché le aziende sono costrette a fare di più con meno, molti hanno trovato modalità migliori, più semplici, meno costose e più rapide per operare.



L’urgenza del Covid-19 ha anche indotto innovazioni nel campo della biotecnologia, dei vaccini e dei regimi regolatori che scandiscono lo sviluppo dei farmaci, così che i trattamenti possano essere approvati e testati più rapidamente. In molti Paesi, dove i sistemi sanitari sono stati difficili da riformare, questa crisi ha reso il difficile molto più facile da raggiungere. E il risultato dovrebbe essere il raggiungimento di sistemi sanitari più resilienti, reattivi ed efficaci.

Questi rivestimenti sono ancora sottili rispetto alla scala della catastrofe generata dal coronavirus. Ma alimentare la prossima normalità, migliore di quella che andremo a sostituire, sarà una prova di lungo termine per tutte le istituzioni, globali e locali, pubbliche e private. Sarà fondamentale ricostruire per il futuro e non più risolvere i problemi del passato.

Una possibile prossima normalità o sarà determinata dalla possibilità che le decisioni assunte durante e dopo la crisi portino a minore prosperità, a una crescita più lenta, a un ampliamento delle disuguaglianze, a burocrazie gonfie, a confini più rigidi. Oppure potrebbe essere che le decisioni prese durante questa crisi portino a un’esplosione di innovazione e di produttività: industrie più resilienti, governo più lungimiranti a tutti i livelli e un nuovo mondo riconnesso. Nessuno dei due scenari è inevitabile, anzi, molto probabilmente ci sarà un mix tra le due possibilità. Il punto è questo: stabilire dove vogliamo che il mondo atterri è una questione di scelta, è il frutto di innumerevoli decisioni che persone, società, istituzioni e governi sono chiamati a prendere.

L’esploratore britannico degli inizi del XX secolo Ernest Shackleton una volta ha osservato: “L’ottimismo è un vero coraggio morale”. Ottimismo e coraggio: queste qualità sono oggi necessarie più che mai.

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