Nelle sue ultime Considerazioni finali, il governatore Ignazio Visco ha scelto il turismo come caso esemplare per spiegare come – almeno vista dal servizio studi di Bankitalia – l’Azienda-Paese dovrebbe affrontare la fase ricostruttiva. Dovrebbe farlo con investimenti ad alto impatto, attentamente valutati. Dovrebbe selezionare i settori vitali: quelli che contribuivano in misura importante al Pil italiano nel mondo pre-virus, soprattutto se mantengono “chance” concrete di generare valore aggiunto in dimensione e qualità anche nell’incerto mondo post-virus.



Per riassumere le ripercussioni recessive della pandemia in Italia in diversi settori (commercio, ristorazione, servizi alla persona), Visco ha sottolineato che “una quota rilevante della domanda loro destinata dipende dal turismo, cui è direttamente riconducibile, rispettivamente, più del 5% del Pil e oltre il 6% dell’occupazione. Dopo il brusco arresto indotto dall’epidemia, per il turismo si prospetta un recupero solo parziale nella seconda metà di quest’anno e nel prossimo; la ripresa sarà soprattutto frenata dalla riduzione delle presenze straniere. Ne conseguirà un calo del saldo con l’estero del settore, tradizionalmente in forte avanzo”.



Il Governatore è significativamente tornato sul tema nei passaggi centrali delle Considerazioni nelle raccomandazioni di via Nazionale per “Ritrovare la via dello sviluppo”.  “La crisi del settore turistico – ha detto – ha reso immediatamente percepibile la rilevanza anche economica del patrimonio naturale e storico-artistico che costituisce l’identità stessa del nostro Paese. Esso va preservato e reso sempre più fruibile in maniera sicura perché possa, dopo la pandemia, contribuire ancora, con accresciuto rilievo, allo sviluppo. Vanno colte le occasioni che verranno dalla transizione, che non può che essere accelerata, verso un’economia con minori emissioni di gas inquinanti e più tecnologia digitale”.



Non per caso è nelle righe immediatamente successive, che Visco ha sintetizzato al massimo la sua visione sulla politica di bilancio nella Fase 3:  “Le risorse pubbliche necessarie per finanziare tutti questi interventi e favorire un impiego produttivo di quelle private possono venire da una ricomposizione del bilancio pubblico, da un recupero di base imponibile e da una riduzione del premio per il rischio sui titoli di Stato, da un uso pragmatico e accorto dei fondi europei”. 

La politica finanziaria “di ripresa” (non meno importante di quella “d’emergenza”, finalizzata al sostegno ai milioni di italiani in difficoltà) va dunque orientata con decisione all’investimento pubblico: anche come leva per quello privato. Il “fundraising” straordinario – anzitutto quello accordato dall’Ue – non va polverizzato: va invece focalizzato nei settori di forza dell’Azienda-Italia. Quelli nei quali l’esperienza imprenditoriale è storica e diffusa.  Quelli del “Made in/by Italy”: in cui l’immagine del Paese si traduce in fatturato pesante sulla bilancia commerciale. Quei settori – non da ultimo – che presentano maggiori margini d’impatto per investimenti nell’eco-digitale, privilegiati dalle Ue sia nel piano Green Deal, sia nel Next Generation EU. 

Il turismo, in Italia, non è l’unica “industry” a presentare questo identikit. Però il Governatore della Banca d’Italia – in questa primavera d’eccezione – lo ha voluto additare: anzitutto al Governo. 

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