Se gli oratori (della Lombardia) danno una lezione alla scuola

Gli oratori battono la scuola. I centri estivi delle diocesi lombarde non hanno bisogno di direttive dall’alto. Né di schermi in plexiglas. E sono pronti a ripartire. La scuola no

 “Parturient montes, nascetur ridiculus mus”. Il vecchio Orazio ci aveva visto giusto. La montagna ministeriale del Miur ha partorito il topolino. Dunque: a pochi giorni, poche ore si potrebbe dire, alla fine della scuola, sappiamo che: gli esami di terza media, di fatto, non si fanno; i voti non si danno in numeri, ma in chiacchiere; gli esami di maturità si fanno “in presenza” con gli orali. Su, per una scelta così minimal bastava mezz’ora di riunione in aprile, così l’utente finale (il povero studente) avrebbe saputo con congruo anticipo di che morte morire.



Ma il meglio viene nel seguito: nella pletora di dettagli sulle misure di sicurezza “a prescindere”, dico a prescindere dalla realtà: ore di 40 minuti, ingressi scaglionati, visite ai musei come se tutti abitassero a Roma o Firenze e non a Meneguzzo sul Serio, banchi distanziati come se le aule si potessero dilatare, più poteri ai comuni come se in luglio-agosto si potessero rifare gli edifici. E dulcis in fundo la pietra filosofale, la soluzione universale, il passe-partout salva anno scolastico: il plexiglas. Mal che vada, metti l’allievo nell’acquario (dimenticando anche che il plexiglass è materia plastica, che per un governo ecologista non è bello).



Tutto uguale per tutti. Minerva partorita dalla testa di Giove. E poi c’è il conto fatto senza l’oste: gli insegnanti. Niente assunzione per titoli dei 32mila precari, ma per concorso: da indire quando? Da quale governo? Per quale anno scolastico? Insomma, un concorso che, qui lo dico, e lo scrivo, e lo firmo, non si farà. Però non sarà a crocette il quiz, capirai che soddisfazione. Specie per il Pd che ha ceduto alla posizione puramente ideologica dell’alleato pentastellato. Come sempre: altre sono le partite che contano per il potere vero.

Sono uno che va a messa alla domenica e attraverso i bollettini parrocchiali di queste ultime settimane ho seguito con una certa curiosità le informazioni su “SummerLife”, insomma l’oratorio feriale, o oratorio estivo, o Grest o Crest che dir si voglia, programmato in forma nuova in tutte le diocesi della Lombardia. Un’iniziativa che si rivolge a più di un milione di ragazzi, risolve alle famiglie il problema di dove piazzare i figli, i quali trovano preziose opportunità di gioco, svago, sport, apprendimento, educazione quasi gratis.



Sul sito summerlife c’è già tutto: criteri si sicurezza, schede di proposte, materiali per la formazione, idee per l’animazione in base all’età, modalità di coinvolgimento di giovani, famiglie, comunità locali, associazioni, comuni.

Strumenti, si badi, non direttive. È assai diverso. Si farà tutto in piccoli gruppi, in piccoli luoghi, in rete tra loro. Ed è, quel che più importa, chiaro il soggetto e lo scopo dell’impresa. “L’idea di fondo – spiegano – non è di appesantire la realtà, ma di riappropriarsene… ci trasformeremo in esploratori della vita e del territorio, riattivando curiosità e spirito d’avventura… facendo tesoro degli apprendimento provocati dal virus. Quanto al soggetto, è una comunità composta da volontari, genitori, maestri, allenatori. Diciamo la parola sintetica: comunità educante. Il tutto si regge grazie a una sinergia a livello locale tra comuni e parrocchie.

Oratori e scuola sono due cose ben diverse, su questo non ci piove. Resta che da SummerLife ci arriva un segnale che ispira fiducia, dal palazzone di Trastevere un messaggio che fa storcere il naso. Perché? Tiriamo sulla lavagna la riga che divide i buoni e i cattivi. Da una parte scriviamo la parola esperienza, ascolto dell’esperienza. Dall’altra ideologia, applicazione di una teoria. Da una parte scriviamo realtà di base, dall’altra verticismo delle lobby degli addetti ai lavori.

Ancora, nella colonna dei buoni scriviamo comunità educante, alleanza degli attori in gioco, a cominciare dai genitori, nell’altra colonna scriviamo antagonismi da comporre in base ai rapporti di forza e/o alle clientele, e conseguenti soluzioni da paraculismo al ribasso per non urtare nessuno, genitori-sindacalisti dei figli in primis.

Emergono qui vistosamente tutti i limiti della gestione verticistica burocratico-sindacale della scuola. La simbiosi tra l’idea giacobina e l’idea comunista della società amministrata dallo Stato sulla linea di un’uguaglianza generale al ribasso garantita per tutti ha prodotto l’attuale rigor mortis. Vita, iniziativa, passione educativa di tanti insegnanti, creatività: ci sono, per fortuna, o miracolo, ma sono sospette, turbano la morta gora in cui galleggiano passivamente.  Siamo sempre lì, alla sussidiarietà e alla fiducia nel fattore umano versus centralismo verticistico e diffidenza delle élites verso il popolo.

Però Mazzola, Rivera, Gigi Riva, Baggio, Totti hanno imparato all’oratorio, nel campetto del quartiere, nella realtà popolare di base, come si fanno prodigi con il pallone. Non da una circolare del ministero dello sport. Vorrà pur dire qualcosa.

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