Suona il vecchio, il nuovo, Dylan. Suona il suo ultimo disco Rough and  Rowdy Ways. Più che cantare, recita con lentezza su una melodia che squarcia soavemente. Canta il vecchio, nuovo Dylan il suo Murder Most Foul, racconta l’assassinio di Kennedy. Il Presidente è sul tavolo delle autopsie, i dottori stanno mutilando il suo corpo, but his soul was no there where it was supposed to be at (ma la sua anima non era dove si supponeva dovesse essere). Cinquanta anni cercandola e il vecchio trovatore non l’ha trovata. Cinquanta anni cercando Freedom above me (la libertà sopra di me).

Suona il vecchio, nuovo Dylan, evocando un’antica emozione e leggo su Harper´s la lettera di 150 personalità contro l’intolleranza dell’attivismo progressista. Vogliono che sia chiaro: niente da obiettare alla lotta contro il razzismo, il problema è la mancanza di libertà di espressione. Lo spiega Mark Lilla, che già tempo fa ha criticato il progressismo identitario, di cui è stato uno dei promotori. Si tratta di reclamare il diritto a dissentire su ciò che si suppone che “si deve pensare” senza autocensura, senza censura della stampa (il licenziamento di Bennet da The New York Times). Lilla evidenzia che gli Stati Uniti non si sono mossi “fino al XXI secolo se non per regredire al XIX. Un secolo di denuncia, di indifferenza”.

Lilla parla del XIX secolo nella settimana in cui un vicepresidente del Governo spagnolo ha puntato il dito contro i giornalisti che informano in modo critico e ha “chiesto” che si regolamentino gli insulti sui social. “La libertà di stampa appartiene alla cittadinanza, non alle società di comunicazione, né ai giornalisti”, spiega in un tweet il suo principale ideologo. Quando leggo cittadinanza, leggo Stato: torniamo all’inizio del XIXI secolo? Sono necessarie un’altra volta le rivoluzioni borghesi che consacrarono la dimensione negativa della libertà di fronte al potere?

But his soul was no there where it was supposed to be at. Continua Dylan, ripetutamente, e la canzone dura sedici minuti. Freedom above me. E leggo che Tik Tok, il grande social network presente ormai su due miliardi di dispositivi, ha annunciato che lascerà Hong Kong. È la risposta all’applicazione della legge di sicurezza nazionale. Tik Tok, rete basata su micro video, fa furore tra gli adolescenti di tutto il mondo. Probabilmente la sua ritirata dall’ex colonia britannica è un’operazione di mascheramento: Tik Tok appartiene a ByteDance, un’azienda cinese, e tutte le imprese cinesi hanno lo stesso padrone. E mi assalgono le domande: Tik Tok è un fenomeno simile a Huawei? Sarebbe efficace una sentenza come quella emessa da un tribunale tedesco contro la società telefonica per non aver rispettato la protezione dei dati? Dove va l’anima immensa di migliaia di milioni di giovani rappresentata in queste immagini brevi, caricate in fretta, che cercano un abbraccio nel cielo della “nuvola”? È la miniera di dati il potere del XXI secolo? But his soul was no there where it was supposed to be at. 

Neanche dalla parte del capitale c’è niente sul tavolo dell’autopsia. Cinquant’anni no, ma sedici, cercando la libertà (Freedom above me) via Facebook. Zuckerberg promette sempre la revisione dei contenuti per evitare la diffusione di notizie false e discorsi di odio. Non accade mai. Nell’attuale campagna presidenziale accadrà di nuovo ciò che avvenne nella precedente. Quattro anni fa, il 40% della popolazione statunitense ha ricevuto contenuti provocatori o falsi. Malgrado i recenti ribassi in Borsa, le azioni della società sono salite del 19% in un anno: si è dimostrato praticamente irrilevante il fatto che Coca Cola, Pepsico, Levi Strauss, Starbucks e Unilever abbiano dichiarato che non faranno pubblicità su Facebook.

Il nuovo disco di Dylan cambia tema: ora suona I Contain Multitudes (Contengo moltitudini), tema che ricorda Whitman. Le moltitudini contenute in ogni utente (I sleep with life and death in the same bed: dormo con la vita e la morte nello stesso letto) si trasformano in carne da commercio. You greedy old wolf, I’ll show you my heart (Tu, vecchio lupo avido, ti mostrerò il mio cuore) recita con precisione il vecchio bardo. Il cuore della moltitudine sfruttato negli affari della polarizzazione: le notizie false, le menzogne, le parole dette solo nel dialetto della tribù corrono più rapidamente, agganciano di più, fanno più soldi.

Cinquant’anni di ricerca per concludere che siamo tornati al XIX secolo? Cinque decenni per scoprire che il XXI sfrutterà e strumentalizzerà senza pietà ciò che portiamo? Si dovranno difendere le vecchie libertà come se non fossero state conquistate, passare alle reti sociali che hanno cominciato a produrre contenuti? Senza dubbio. Tuttavia, sarà ancora insufficiente per le infinite moltitudini che portiamo dentro. Ci rimangono solo Rough and Rowdy Ways?

Il disco continua a suonare e ora la musica si fa dolce, nostalgica, come la fedeltà che attraversa il tempo. E uno vuole ballare con il suo vecchio amore. La voce del vecchio Dylan non è in sintonia, ma non importa. I’ve Made Up My Mind to Give Myself to You (Ho deciso di donarmi a te).  I knew you’d say yes, I’m saying it too. (Lo sapevo che avresti detto sì, e lo dico anch’io.)