Il segreto del successo di grandi aziende e grandi uomini è rendere con la semplicità concetti e sensazioni complesse. Quando più si rendono le linee di un prodotto pulite e accoglienti tanto più la bellezza viene a fuori con una forza inaudita che travolge la percezione. Come per un abito di Valentino o la sinuosità di una Ferrari, semplificare i tratti e rendere più efficiente ciò che si usa rappresenta un punto di forza che difficilmente si può battere. Arrivare alla semplicità è un percorso evolutivo importante. Picasso disse che ci aveva messo una vita ad imparare a disegnare come un bambino, perché solo dalla piena comprensione dei meccanismi che sono dietro un qualunque atto umano si può arrivare all’essenza e rendere con pochi tratti un’immagine potente.
La confusione che spesso si genera nelle vicende della vita è frutto delle complicazioni che altro non sono che tentativi di risolvere una questione senza averne colto l’essenza e così, spesso, ogni soluzione non efficace si traduce in un nuovo problema.
A questo rischio va incontro l’esecutivo retto da Conte, che sta per emanare a giorni un decreto che non ha la supponenza della parola nobile, ovvero semplicità, ma l’ambizione del burocrate prudente, ovvero semplificazione.
Insomma già dal nome pare che l’omen sia segnato. Se le norme che girano in queste ore verranno confermate esse appaiono piene di fermento e di voglia ma scarsamente incisive. La burocrazia non si farà da parte perché si prevederanno termini più o meno perentori né perché si chiederà agli uffici di essere produttivi. Il burocrate sa che la norma è vuota e che i regolamenti attutivi, le circolari e le prime pronunce dei Tar riequilibreranno verso il solito andazzo il tentavo di arrivare ad una semplificazione che, in realtà, non serve che alle conferenze stampa.
Sembra che il Governo stia indugiando sul testo perché intrappolato nella discussione tra le parti politiche di maggioranza che vorrebbero, ognuna per sé, portare a casa qualche punto in vista delle regionali. Sarà forse questa la tomba del provvedimento prima che prenda luce, visto che i temi essenziali non appaio ancora risolti nel Mezzogiorno come nel resto del Paese.
Non vi è la riforma organica della Pa, che sarebbe ormai indifferibile, ma neppure un sovvertimento parziale del concetto di procedimento amministrativo che possa fare da stimolo all’asfittica burocrazia del Mezzogiorno svuotata di risorse umane da quota 100. Si oscilla ancora tra le soglie per obbligare all’appalto (ad ora a 5 milioni) senza che però si scalfisca la funzione del burocrate, che dovrebbe essere ricondotta a quella di un erogatore di servizi e non a quella di delegato regio; si cerca la scorciatoia dei commissari, che di certo sono utili, ma non si mette mano all’orologio della burocrazia introducendo per tutte le procedure il concetto di silenzio-assenso con il corollario necessario della responsabilità per chi, colpevolmente, non parli o non controlli.
Ci sono dei tentativi di digitalizzazione e di coordinamento tra le diverse banche dati, ma in concreto mettere assieme i dati sarà delegato a strutture che, fatta legge, troveranno il modo ed il tempo per rendere il processo compatibile con i tempi degli uffici pubblici e non con le esigenze di aziende e cittadini. Anche sul tema della riscrittura dell’abuso di ufficio, reato vuoto e che spesso blocca la penna dei non temerari, al momento pare prevalga un compromesso che sarà criticato sia da chi vuole combattere la corruzione e sia da chi vuole sbloccare gli appalti, che appaiono purtroppo di sovente su crinali opposti.
Sulla corruzione giorni fa il presidente pro-tempore dell’Anac ci ha ricordato casi estremi. Come le informazioni vendute per un abbacchio o la mancia per velocizzare i certificati, dipingendo consapevolmente prima un quadro sociale e poi una analisi giudica che conduce alla consapevolezza che non è, solo, un problema di norme quelli della burocrazia ma anche di cultura, in particolare della cultura della farraginosità che mette paletti grandi o piccoli talmente solidi che spesso anche il più paziente auspica di trovare qualcuno a cui affidare la mancia per uscirne.
Sembra evidente che nessuna semplificazione reale sarà tale ed efficace per la ripresa in autunno e che le norme perentorie che impongono nuovi tempi e procedure impatteranno su quelle a venire e non su quelle in corso. Il Mezzogiorno ha bisogno di risposte immediate ed efficaci. Il che significa che la grande speranza di sbloccare opere e cantieri sarà affidata al manipolo, si spera corposo, di commissari che dovranno essere nominati per impedire che i soldi restino in cassa e le opere non partano. I più pragmatici, infatti, chiedono un modello Genova esteso al Mezzogiorno che faccia da cuscinetto alla fase attuativa delle semplificazioni, che altrimenti resteranno sulla carta per troppo tempo, alimentando il vento del malcontento che rischia di soffiare da settembre.
Se non sarà il Governo in grado di ritrovare in queste ore la sua unità e convertirsi alla semplicità figlia della conoscenza e della competenza, prepariamoci ad una nuova semplificazione che, come le altre, finirà per aggrovigliarsi nell’ennesimo nodo che affligge le cime di un marinaio inesperto.