La Donna-maiuscola è l’ossessione dell’essere-minuscolo: la Madonna, da quand’è nato al mondo il mondo, è l’ossessione di Lucifero, il suo cruccio, il suo invasamento demoniaco, per l’appunto. “Dite che Maria è l’invidia di Satana, poi avete detto tutto” sintetizzò un mio professore amante della Donna. Da quando Dio emise, sotto giuramento, il mandato di cattura internazionale che pende sul capo dell’Immondo – “Metterò inimicizia fra te e la donna (…) Ti colpirà al capo e tu le insidierai il calcagno” (Gen 3,14) – il pensiero di Maria stette sveglio tutta la notte e divenne l’ossessione del Demonio: l’ossessione è qualcuno che resta nella tua testa più di quanto l’hai lasciato rimanere nella tua vita.
Pensare a Lei, dunque, è sentirsi arrabbiato al punto tale da non riuscire a prendere sonno. Le idee ossessive, poi, mutano spesso in depravazione: “Benvenuti nel regno del Demonio!”. Non esiste al mondo creatura umana che, al pari di Maria, possa rendere nervoso perfino il principe delle mosche: se potesse, è l’immagine della Madonna che cancellerebbe, appena dopo quella di Cristo. Che la gente reciti il rosario, poi, più che nervoso gli ricorda che la sua fine è vicina: quella corda di cinquanta grani, un giorno non molto lontano, diventerà la corda che il suicida userà per impiccarsi, firmando il suo fallimento. Date tempo al tempo!
Nel frattempo, nella storia quaggiù la sconfitta è stata plateale, la batosta letale: Maria fu assunta in cielo. In Lei, parole sue dette alla cugina Elisabetta, “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, santo è il suo nome” (Lc 1,39-56): Maria è l’opera d’arte di Dio, il capolavoro meglio riuscito, la creatura che più gli assomiglia senza per questo essere Dio. Non sopporta, Satana-predone, com’è terminata la vita di Maria quaggiù: fare sì che la morte entrasse nel mondo è stato il suo colpo da maestro, d’allora ogni creatura ci fa i conti. Non c’era la morte nel sogno di Dio: “è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sap 2,23). Bastardo quell’essere immondizia: non riuscendo a competere con Dio direttamente, sporcò la creazione col peccato.
Fu peccato di sospetto: “Attenzione, gente: Dio è geloso della vostra felicità! Vuole sapervi sottomessi a Lui, per questo vi disse di non mangiare da quell’albero. Svegliatevi, seguite me!”. I nostri avi, Adamo ed Eva, ci credettero: pagarono pegno, d’allora tutto il mondo nasce sotto questo segno, la creatura ha insita in sé la tentazione di ribellarsi a Dio. È la conseguenza di un’eredità ricevuta: ci si appropria dei crediti, anche dei debiti. Dei guadagni, delle perdite. Con Maria il Cielo usò una precauzione: pur creatura, fece sì che fosse concepita senza peccato originale. Si volle, a tutti i costi, che nel mondo ci fosse almeno un prototipo di ciò che era il sogno primigenio di Dio. Fu la risposta di Dio alla ruberia di Satana: facendola nascere senza il peccato, rubò a Satana l’unico appiglio per devastarle l’anima, lo rese impotente di fronte a Lei. Lo umiliò: “Ecco chi sarebbe l’uomo, la donna, senza la tua avvenuta depravazione” gli grida il Cielo innalzando Maria.
Satana rode: nessuno ama vedersi smascherare le proprie panzane.
Non morì Maria. Se la morte è entrata nel mondo per invidia del Demonio, nulla poté, potrà, la morte contro colei ch’è nata senza punti d’appoggio per una discesa del Demonio. Divenne, piuttosto, l’invidia dell’Invidia: ritorsione aspra da digerire. L’Assunzione di Maria è un giorno di lutto nazionale per Lucifero: ogni creatura, pregando Maria, ha modo di vedere come sarebbe stato il suo giorno finale se il peccato non avesse guastato il tutto, se Lucifero non avesse ferito il cuore della storia. Non la morte, ma l’assunzione in cielo: nessuna angoscia, ma l’addormentarsi nelle braccia di propria madre, il suggello di una promessa antica e sempre nuova: “Risorgerete!” Ecco perché chi confida in Maria non si sentirà mai fallito. Ecco perché, oranti di Lei, si odia la Bestia: ci ha avvelenati. Eravamo splendidi, inespugnabili, porco-demonio: Santa Maria, ora pro nobis.