Abraham Joshua Heschel non ha scritto sullo stupore dopo aver vissuto una vita calma e tranquilla. Polacco, rabbino figlio di un rabbino, imparò presto quanto può essere nocivo un virus: suo padre morì di influenza nel 1916. Dopo essersi trasferito a Berlino, conobbe sulla propria carne l’altra pandemia: quella dell’odio razziale. La Gestapo lo deportò a Varsavia, da dove riuscì a fuggire a Londra e poi a New York. Buona parte della sua famiglia morì nei campi di concentramento. “Questo è il compito nella notte più scura: essere sicuro che sorgerà il sole, sicuro di poter trasformare una maledizione in una benedizione, sicuro che l’agonia si convertirà in una canzone”, scriveva Heschel mentre crollava tutto il suo mondo.

Sicuramente, gli organizzatori del Meeting di Rimini, che hanno scelto come titolo dell’edizione di quest’anno una delle frasi del rabbino, non potevano prevedere, come tutti del resto, che in questo periodo un’epidemia avrebbe provocato più di 21 milioni di contagi, quasi 800.000 morti e una crisi economica difficile da quantificare. Tuttavia ci troviamo dinanzi a una devastazione senza precedenti per l’Europa dall’epoca nella quale Heschel dovette fuggire.    

Il Meeting di Rimini ha mantenuto il titolo “Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime”, una frase del rabbino polacco. Il valore della sorpresa provocata dalla realtà, la trascendenza che si insinua in ogni cosa, non fu per Heschel un motivo per sfuggire alla concretezza. Al contrario, il polacco si domandava: “È forse inconcepibile che la nostra intera civiltà sia stata costruita su una cattiva interpretazione dell’uomo? O che la tragedia dell’uomo si debba al fatto che è un essere che ha dimenticato la domanda: chi è l’uomo?”. Furono queste domande che fecero impegnare Heschel nella lotta contro il razzismo, appoggiando Luther King. 

Chiusi nelle nostre case, circondati dalla morte e dalla malattia, spinti dalla necessità di una ricostruzione economica che chiede di ripensare molte cose, ci siamo trovati tutti a chiederci chi siamo. In questi ultimi mesi tutti noi abbiamo posto molto concretamente questo interrogativo, sporti su un abisso nel quale la tentazione del nulla, il nichilismo, non era un gioco filosofico. “Da che dipendo, dalla casualità di una catena di RNA o da qualcosa di positivo?”, ci siamo chiesti cento, mille volte.

“Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime”. Commentando la frase di  Heschel, il Presidente del Meeting di Rimini, Bernhard Scholz, ha messo in evidenza che lo stupore davanti alla realtà, anche nelle circostanze più difficili, genera una capacità di iniziativa quasi indomabile. Essere sorpresi dalla propria esistenza e dall’esistenza degli altri fa sì che prendiamo in considerazione fonti di umanità che in tempi normali non sapremmo considerare. Senza la sorpresa non è possibile ricominciare, senza la sorpresa ricominciare è un calcolo. Questa sorpresa è la coscienza che ciò che ci è dato gratuitamente.

La sorpresa come motore del cambiamento. Durante i momenti più difficili della pandemia, si è squarciato il velo che tradizionalmente copre le cose e ci chiude in noi stessi. Anche se solo in alcuni momenti siamo stati coscienti di navigare tra due acque, tra il niente e la vita. In questo viaggio forse è diventato più evidente che mai “il primato della realtà”: al primo posto, chiusi in casa con la paura che bussava alla nostra finestra, c’erano l’albero, i passeri, la strada che vedevamo attraverso i vetri. Al primo posto non c’è stato ciò che eravamo capaci di fare, in alcuni casi poco e in altri molto, non c’è stata la fatica da compassione, ma la sorpresa di essere vivi, la sorpresa per la gratuità del personale sanitario, la domanda stupita “Chi sono io? Cosa è il mondo?”.

Abbiamo sperimentato il primato della realtà e dello stupore non in un senso cronologico: come un inizio che rimane nel passato e che si trasforma in un’ispirazione. Abbiamo sperimentato il primato della realtà dopo aver recuperato, almeno momentaneamente, l’udito e avere ascoltato come lo stupore può essere la forma riconoscente dell’azione, ciò che Scholz chiama l’attenzione alle fonti di umanità e a una ricostruzione possibile.  

Questo primato della realtà, la sorpresa del sublime, tende a sparire facilmente. Siamo stati testimoni anche di come tutto tende a tornare alla sordità, specialmente la vita politica. Per questo è necessario tornare ad ascoltare le voci che sentono e guardano con intensità, con critica ingenuità. Questo è l’obiettivo di Not too much to ask, una serie di interviste a personalità internazionali che sarà possibile ascoltare nell’ambito del Meeting di Rimini. Si tratta di ascoltare, grazie alle voci di altri, il primato dello stupore.