Uno dei temi fondamentali trattati da Mario Draghi nel suo intervento qui a Rimini è l’educazione come chiave della ripresa del nostro Paese. Ha detto l’ex Presidente della Banca centrale europea: “Se guardiamo alle culture e alle nazioni che meglio hanno gestito l’incertezza e la necessità del cambiamento, hanno tutte assegnato all’educazione il ruolo fondamentale nel preparare i giovani a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita, con saggezza e indipendenza di giudizio”.
Di istruzione e formazione come chiave di volta per uscire dalla pericolosa china che in nostro Paese ha imboccato verso il declino, si parlerà oggi nella puntata “Conoscenza e creatività” del talk show live “Dopo il Covid.#Quelli che ripartono”.
Per quanto l’obiettivo non sia allarmare, ma aiutare a essere consapevoli e individuare strade possibili, va subito detto che i dati sono significativi: nel 2019 il tasso di disoccupazione tra chi non aveva titolo di studio o aveva la licenza elementare era del 18,1 per cento; con la licenza media era del 13,2 per cento; con la licenza superiore era del 9,4 per cento; con la laurea era del 5,7 per cento. Meno si studia più è difficile trovare lavoro. Ma non basta: il 23,4 per cento dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora, i due terzi dei bambini con genitori senza istruzione superiore resterà allo stesso livello; solo il 41 per cento degli adulti partecipa ad attività di formazione contro il 52 per cento in Germania e il 51 per cento in Francia. C’è un dato che però inquieta più degli altri: il 47 per cento degli italiani è analfabeta funzionale, cioè è incapace di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle varie circostanze della vita quotidiana.
C’è da sorprendersi se un Paese come l’Italia, noto per la sua vivacità intellettuale e la sua creatività, è solo al 15° posto per capacità di innovare nel mondo produttivo? In un mondo in cui economia in rapida trasformazione, in cui l’obsolescenza dei mezzi produttivi è raggiunta in meno di cinque anni, il che significa che nel giro di cinque cambia il modo di produrre, non basta essere geniali: occorre applicarsi, conoscere studiare per poter decidere.
Dobbiamo recuperare l’umiltà e il desiderio di imparare, andare a scuola e all’università perché altrimenti butteremo via le grandi risorse di un popolo in cui non solo gli artisti, gli inventori, gli imprenditori, gli esploratori, ma anche gli uomini comuni hanno continuamente permesso di cambiare e migliorare la vita propria e altrui.
Ma anche questo non basta. Il Censis negli ultimi anni ha sottolineato la mancanza di desiderio e il rancore con cui oggi si vive. Cioè un degrado umano che viene prima di ogni conoscenza.
Forse è giunto il momento di tornare a “perdere” del tempo nel fare compagnia ai giovani, nel tentare di educarli a cercare il bello, il vero, il giusto, a sorprendere tentativi di risposta presenti.