Nel caso risuccedesse di nuovo di avere a disposizione un tot di metri quadrati per un tot di studenti e che il vostro numero di studenti fosse superiore a quello dei metri quadrati disponibili, ci si ricordi che la soluzione non è cambiare i banchi, ma mettere in campo un patto che coinvolga più persone per il tempo che serve. È tutto qui, in questa elementare verità, l’errore strategico con cui oggi si guarda alla scuola: non dal punto di vista dei protagonisti – gli studenti e i docenti – ma da quello dei mezzi, degli strumenti.
Un oceano di risorse ha ricoperto le scuole del Regno in questa estate di pandemia, ma alle risorse non è stato accompagnato nessun vero patto circa l’orario dei docenti, il monte ore annuale degli studenti, le azioni di recupero e di inclusione per le migliaia di bimbi e ragazzini disabili che necessitano del contatto per imparare. Come sempre la scuola, ogni iniziativa verso la scuola, si traduce nel tentativo di determinare responsabilità e prevenire contenziosi.
La grande assente di questa strana estate è l’educazione, la necessità di tornare ad educare al rapporto col reale, evitando di schivare le problematiche, ma imparando a viverle e a coscientizzare. Di tutto abbiamo bisogno tranne di un neostatalismo educativo, che renda la comunità pubblica un buon padre di famiglia che si occupa di tutte le questioni aperte dalla vita, schivando – in fondo – il vero dramma della vita, ossia la meraviglia e la promessa che essa comporta.
Nel caso risuccedesse di nuovo che vogliano cambiare banchi e sedie in risposta ad una tragedia sociale di tipo biblico, ricordiamo al legislatore che in quei banchi siederà qualcuno, l’unico vero motivo per cui il 14 settembre valga davvero la pena di ricominciare.