La felicità si potrà scegliere in qualunque tormento. Come dire: “Se non avete un amore tormentato, ve ne verrà assegnato uno d’ufficio”. Il pescatore di Galilea ha una storia d’amore in corso con Dio: “Sei il Mioddio!” gli ha dichiarato qualche giorno indietro. L’Altro ad andargli dietro: “Tu sei Pietro, la mia roccia. Il nostro amore non crollerà, fidati!”
Che non crollerà non significa affatto che si vivrà sempre felici e contenti: Pietro, questo, mica lo immaginava forse. Ciò che s’immaginava era, il giorno dopo, di portarsi a spasso Cristo per le sue vie: lui, creatura, davanti e Lui, il creatore, dietro. Così s’immaginava la loro storia-a-due: il Maiuscolo a convalidare le rotte del minuscolo. Fino a quello strattone che l’ha rimesso in sesto, rimettendo tutto in perfetto ordine: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
Da roccia – fortezza, affidabilità – a scandalo: sasso che t’inciampa, masso sulla strada, rottura di patto. Nessuno, a parte Pietro, riesce a percepire cosa significhi sentirsi dire d’essere scandalo per Cristo. Non concepiva, mentre se ne stava acquietato sulla battigia di Cafarnao, cosa significasse quell’amore: che fossero tutte rose-e-fiori forse non si aspettava, ma che costasse così tanto in materia di animo, neppure. Fatto sta che non gli riusciva di fare altrimenti: suo malgrado – quanto mi sono familiari i malgrado di Pietro e degli amici suoi – Iddio lo tormentava. Quell’amore, venuto su tra alti e bassi, era diventata la sua poesia, una creatura a due, a quattro mani. Lui il poeta ispirato, Cristo la Musa ispiratrice: cosa potrebbe fare un poeta, dunque, senza il tormento? Somiglia ad uno che volesse scrivere senz’avere una penna in mano. Una tastiera.
“Mettiti dietro, Pietro: quello è il posto tuo, altrimenti andiamo a sbattere!” è la raccomandazione di Cristo. Le parole son come chiodi su un cuore in apnea: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la su croce e mi segua” (cfr Mt 16,21-27).
“Innamorarsi così è un grosso rischio” deve aver pensato quel matto di Pierino-pescatore mentre, a fatica, si sistemava dietro il Cristo. “Certo, amico: ma non innamorarsi di un amore così è un gigantesco errore. Pensaci!” gli avrà ribattuto il Cristo fidanzato. Pensarci, per Pietro, significava sentir l’ansia salirgli in petto. Non c’era, però, alternativa: “Se vuole” gli aveva appena detto Cristo. In materia d’amore, nessun obbligo eccetto la libertà d’innamorarsi o meno. E poi, cuore-a-cuore, imparare a parlare al plurale: “Smettila di pensare da solo: inizia a calcolare anche me nei tuoi pensieri. Pensiamoci, pensandoci”.
C’è una croce da spartirsi: mica masochismo, è che senza cicatrici nessun amore sarà mai più credibile. Senza sofferenza nessuna bellezza sarà mai da batticuore. Un amore così è follia, squarcio, panico: Amore, però, che mai ti farà sentire il secondo di nessun altro amore. Forse è per questo che quando si è innamorati così non si riesce manco più a dormire: la realtà ti fa sospettare d’essere migliore dei tuoi sogni. Pietro, questo amore, lo conosce assai: ci si innamora pian-piano, eppoi profondamente. Quando ce se ne accorge, l’amore ha già aperto la sua strada.
Sfiorerà la maledizione un amore così: “Non penserò più a lui – a sbraitare è Geremia – non parlerò più nel suo nome”. Si diventa matti ad amar così, tutta salita, in certe sere controvento, senz’olio. Eppure, maledizione, “nel mio cuore c’era come un fuoco ardente (…), mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20,9).
È il dolore dell’innamorato-sedotto: volere dire di non esserlo, ma sentire d’esserlo dappertutto, ovunque, senza tregua. “Ad amare così è da pazzi scatenati” deve aver pensato Pietro, Geremia. Marco, il boia depresso, la madre afflitta, l’uomo ferito. La risposta non muta: “Per questo, Pietro, ti ho sempre raccomandato di innamorarti quando sei pronto, non quando ti senti solo”. Amare così è stare col cuore in perpetua tensione, ma nessuno sarà mai obbligato a farlo: c’è sempre la possibilità d’innamorarsi degli attimi invece che delle persone. Più semplice.