È uno strano agosto quello che si è appena aperto: mentre gran parte del mondo è ancora gravato dal pesante fardello della pandemia, un’altra parte del globo – tra cui l’Italia – ha ripreso una vita apparentemente normale, a tratti facendo finta che vada tutto bene, che in fondo non sia successo niente, ignorando – forse coscientemente – la grave crisi economica che sta per investire le vite di milioni di famiglie e le curve epidemiologiche di altre illustri nazioni in cui il contagio ha ripreso a crescere.
È la cronaca di un paese sotto shock che non vuole credere a quello che è successo, che fatica a spiegarsi come sia stato possibile essere stati investiti da un Ignoto che fa paura e che, soprattutto nei primi mesi, aveva bisogno di qualcuno cui aggrapparsi per tentare, quantomeno, di orientarsi.
È tipico delle esperienze collettive o dolorose cercare guide, profeti, punti di riferimento: il Papa ha incarnato per due mesi la voce di un padre che ha avuto il coraggio di guardare al virus sconosciuto come ad uno dei volti del Mistero, ravvisando in esso un appello alla conversione e al cambiamento per tutta la comunità umana. Nelle settimane del lockdown sono poi sorte iniziative di ogni tipo: incontri, riflessioni, dialoghi, podcast, appuntamenti quotidiani. Ognuno ha provato a cercare una forma e una sequela, antropologicamente si direbbe una “ritualità”, che potesse essere buona compagna nel grande abisso della ricerca di senso che si è fatta potente interlocutrice nell’esistenza di tanti, se non di tutti.
Adesso il rischio è che quello che è stato “emergenza” diventi normalità, che queste ferie – che per molti saranno non-ferie e anticipo di una nuova condizione economica – siano l’ennesima ricerca di una collettività che sostituisca il singolo davanti al dramma che abbiamo tutti vissuto. La fase due è la fase della persona, di un Io che ricomincia a seguire con semplicità non le parole di un amico, non le riflessioni di un dotto, non gli appuntamenti eccezionali suggeriti dalla necessità, ma la povertà della propria esperienza.
Le vacanze saranno un tempo di libertà e di riposo se saranno un tempo di memoria e di lavoro su di sé: a questo proposito fa impressione nuovamente guardare a Francesco, che ha volutamente troncato l’appuntamento di successo della Messa mattutina in diretta tv per lasciare che a parlare fosse di nuovo la ferialità delle tante messe che ogni giorno si celebrano nel nostro paese: egli non si è profittato di uno stato d’eccezione – e di necessaria supplenza – per imporre una sua rinnovata autorità, ben sapendo che nella Chiesa e nell’esperienza umana non c’è bisogno di grandi genialità per uscire fuori dalle tempeste, ma dell’umile lavoro dell’uomo di mare che affronta la bufera col proprio lavoro e la propria libertà.
I momenti di silenzio (e, per i cristiani, di preghiera), l’ascolto quotidiano del vissuto, la serietà verso se stessi: questo è l’agosto di cui abbiamo bisogno e che ciascuno si può e si deve regalare. Evitando facili rifugi in emotività collettive che sembrano rincuorarci e farci voltare pagina, ma che creano solo nuove dipendenze, nuove fragilità, nuovi confusi sentimenti sui quali sarà molto facile vedere spirare la gelida aria di settembre. Piena di incertezza e quindi sempre più esposta a fomentare forze oscure e violente come quelle che già iniziano a scuotere la cronaca di questo giorni. Anticipando al crepuscolo dell’estate i timori dell’autunno.