La giunta comunale di Milano ha deciso di includere altri 50mila contribuenti cittadini (fino a 565mila complessivi, poco oltre la metà del totale) nell’esenzione dall’addizionale municipale Irpef. La soglia di reddito imponibile esente sale da 21mila a 23mila euro e ciascun beneficiario vedrà tagliato di 30 euro il prelievo. Il costo totale della manovra è di circa 10 milioni di euro, che Palazzo Marino già prima dell’emergenza Covid aveva programmato di ricavare da un più stretto controllo delle proprie spese.
Il sindaco Beppe Sala l’aveva annunciato all’inizio del 2020, ultimo anno pieno del suo mandato. Conferma l’intervento ora: certamente nell’imminenza della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale (cui peraltro Sala non ha ancora confermato la partecipazione come ri-candidato), ma anche in una cornice politico-economica sconvolta dalla pandemia. La decisione finale sul “taglio delle tasse” a livello comunale non era quindi scontata e sembra meritare una registrazione e qualche approfondimento, di merito e di metodo.
Milano è rimasta in piedi dopo essere stata investita in pieno dall’epidemia, ma molte famiglie milanesi sono in ginocchio. Vanno aiutate subito, in qualsiasi modo, con ogni misura possibile da parte di ciascun soggetto pubblico. E non c’è dubbio che la rinuncia a un prelievo fiscale si presenti come strumento immediatamente efficace: non pretende liquidità da tasche nelle quali ne è rimasta poca o non ne è rimasta affatto; prova invece e lasciarne il più possibile per sostenere la domanda di beni e servizi indispensabile anche per riaccendere la ripresa.
Nel contempo, un ente pubblico come il Comune di Milano si è sforzato di finanziare uno stimolo fiscale alla società e all’economia di Milano con una propria spending review.
Un approccio oggettivamente diverso da quello seguito dal governo centrale per fronteggiare l’emergenza economico-finanziaria. Nessun reale sgravio fiscale – a cominciare da una semplice rimodulazione strutturata delle scadenze – è stato finora attivato con decisione dal governo nella fase di contrasto all’emergenza economica. Il fisco statale si è mostrato principalmente preoccupato di non rimanere a corto di cassa per finanziare i sussidi d’emergenza a lavoratori dipendenti e autonomi. Ha quindi sempre preteso le tasse “tutte e subito” anche nei primi giorni del lockdown. E anche a prescindere dai problemi di efficienza amministrativa mostrati del circuito “tassa-e-sussidia”, è evidente come molte famiglie si siano ritrovate al centro di un soccorso a somma zero. Meglio sarebbe stato – per loro e per l’Azienda-Paese – se l’Erario non si fosse intromesso con un complicato meccanismo di tassazione confermata e poi seguita da una redistribuzione differita di sussidi.
Nell’economia contemporanea non è rilevante solo la dinamica reale dei flussi, ma anche quella “derivata” dei comportamenti: delle aspettative, delle relazioni complesse fra Stato e mercato, di ciò che viene chiamato “fiducia” delle famiglie e delle imprese.
L’ultima riforma economica di successo in Italia – il piano Industria 4.0 – è stata interamente costruita su incentivi fiscali alle imprese, importanti e selettivi. Il governo di centrosinistra della passata legislatura si è staccato dalla vecchia politica industriale dei sussidi e ha invece offerto alle imprese tagli delle tasse forti e mirati perché investissero in tecnologia digitale (comprando macchinari in gran parte “Made in Italy”) con ricadute sui numeri e sulla qualità dell’occupazione. Ha funzionato, in tempo reale: e alcuni benefici extra saranno percepibili ora, nella difficile fase di riaggiustamento competitivo della manifattura globale.
C’è spazio a Milano per “tagliare le tasse” anche alle imprese: ad esempio, quelle dei giovani neo-imprenditori dei nuovi distretti tech (fra Stazione Centrale e No-Lo oppure attorno a Cariplo Factory)? Certo non dipende solo dall’amministrazione comunale. Il sindaco Sala ha comunque dimostrato di credere nello strumento, usandolo. Anche se la maggioranza giallo-rossa a Roma continua a non crederci e a non usarlo.