Ha commosso tutti la vicenda di Sirio, il ragazzino tetraplegico di sette anni destinato alla carrozzina a vita, incredibilmente rientrato a scuola sulle sue gambe. È una storia straordinaria. La richiamiamo brevemente per chi non la conoscesse. Sirio nasce prematuro nel 2013 (il giorno di ferragosto, festa dell’Assunta), a Roma. Quando ha cinquanta giorni subisce una cosiddetta morte in culla, venti minuti senza battito regolare. Poi ore e ore in rianimazione, e giorni e giorni in coma. Ma è salvo. Stato vegetativo è la diagnosi. “Il bambino non potrà mai fare movimenti volontari né prendere coscienza di sé”.
Messo in ipotermia per bloccare il danno cerebrale. Poi lunghi mesi di neuroriabilitazione. La diagnosi muta, ma è sempre terribile: “Tetraplegia spastica”: non potrà mai camminare. Il rientro a casa a quasi un anno e un’esistenza complicatissima, che si può descrivere con le parole di papa Wojtyła riservate a San Benedetto: “Era necessario che il quotidiano diventasse eroico”.
Poi… poi accade qualcosa. Mamma Valentina se ne accorge, e scatta una nuova partenza. La cosa migliore è leggere l’intervista rilasciata al Fatto quotidiano, il 18 settembre, in cui il racconto di Valentina va oltre la cronaca e oltre la sua spettacolarità, scende più in profondità, così che a noi è possibile cogliere tracce preziose dell’umano, dell’intelligenza e del cuore della sua esperienza.
La prima traccia si può dire con la parola imprevisto. “Il bambino ha sbaragliato tutti i pronostici che lo davano per spacciato”. Non è questione di contestare le diagnosi mediche: papà e mamma di Sirio non risulta che l’abbiano fatto. Ma non si sono rassegnati a prendere le diagnosi come sentenze definitive e la vita come una condanna senza fine pena. Si sono mantenuti oggettivamente aperti all’imprevisto. E così in questa drammatica tensione hanno subito saputo cogliere i segni positivi della realtà: il bambino che mostra segnali di vivacità e una forte spinta a comunicare. Viene in mente il Montale de Il viaggio, “un imprevisto è la sola speranza”. Da cui tutta un’azione decisa e coraggiosa per avere le cure, i supporti e l’assistenza necessarie.
La seconda traccia ci conduce alla parola desiderio. La mamma ha creato un blog, “Sirio e i tetrabondi: tetraparesi in movimento” “per raccontare – spiega – la disabilità così come è arrivata nella vita di Sirio, improvvisa e devastante… Ma fondamentalmente vi si racconta la vita di un bambino che sogna di essere come gli altri, che vuole essere accettato… Raccontiamo una vita che non vuole pietismi, che non vuole vivere nascosta, che prova desideri e vuole dirlo a tutti”. E ancora: lo facciamo “per scardinare il pietismo, aprendo la strada alla condivisione e all’inclusione vera e propria”. Il pietismo è per esempio quello, per me insopportabile, di non pochi spot per la raccolta soldi a favore di enti di ricerca: ti mostrano bimbi menomati e passivi e genitori piagnucolosi, puri oggetti della tua sbrigativa beneficienza.
La terza traccia è di chi cerca la felicità. “Rientrare in classe, zaino in spalla e passo sbilenco ma felice dopo mesi di chiusura e di lontananza da bambini e insegnanti lo ha travolto di gioia”, dice Valentina. “Niente più che l’isolamento e la solitudine aggravano le disabilità. La scuola, come tutti i percorsi inclusivi, permette a bambini come Sirio una normalità, uno scambio sereno, un approccio alla didattica sano e fruttuoso”.
La quarta traccia conduce alla soglia del miracolo. Non nel senso della guarigione miracolosa: non è assolutamente questo a tema. Del resto Valentina dice così di Sirio: “Trasformare i sogni in realtà è la sua grande capacità, lo fa senza credere ai miracoli, ma credendo nella scienza, nella tenacia, nell’importanza della condivisione e dell’inclusione, nell’impegno costante che mette per strappare ancora pezzi di libertà e autonomia alla vita”. Non è questa la traccia da seguire. Bensì quest’altra: “Abbiamo imparato a non considerare sogni i nostri desideri per lui. Sirio ci ha permesso di uscire dalla disperazione perché ci comunica, ci dimostra che vuole continuare a vivere e andare avanti”.
Questo è il semplice, feriale miracolo accaduto nella loro esistenza quotidiana.
Ma Gesù è fatto così: all’occorrenza si identifica in un bimbo tetraplegico, magari “goffo e divertente, e con dei desideri da realizzare”, non con il mago Merlino, e nemmeno con Harry Potter, guru della bacchetta magica.