Il rapporto delle Nazioni Unite sul Venezuela pubblicato la settimana scorsa è devastante e rende ufficiale ciò che già si conosceva. Il Consiglio per i diritti umani ha indagato su circa 3.000 casi di omicidi, torture e sparizioni denunciati nel Paese negli ultimi anni e le sue conclusioni sono che il Governo di Maduro e i generali Néstor Reverol e Vladimir Padrino hanno ordinato crimini contro l’umanità e devono essere legalmente perseguiti.

Il rapporto esce in un momento nel quale si torna a dibattere sulle condizioni per poter ritenere valide le elezioni legislative convocate dal regime di Maduro per la fine di quest’anno. Henrique Capriles, uno dei leader storici dell’opposizione, si è mostrato disposto a partecipare, contrariamente a Juan Guaidó, il Presidente incaricato riconosciuto da 27 Paesi. In Spagna anche il Governo di Sánchez e il socialista spagnolo Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, si sono mostrati disposti ad appoggiare l’effettuazione di queste elezioni a certe condizioni e dopo un rinvio. Una posizione che, di fatto, implica una presa di distanza dalle tesi di Guaidó. Borrell ha così posto  l’Ue più vicina a Capriles che al Presidente incaricato. 

Il problema è se, dopo il rapporto delle Nazioni Unite, sia verosimile l’ipotesi di elezioni con un minimo di garanzie. Il Gruppo di Contatto, promosso dall’Unione delle nazioni sudamericane, che cerca una soluzione negoziata e democratica alla crisi, per appoggiare le elezioni ha compilato la settimana scorsa una lista di requisiti. In pratica, l’elenco è la descrizione di come Maduro ha trasformato il Venezuela in una dittatura.

Si reclama il rispetto del mandato costituzionale dell’Assemblea Nazionale: dopo la sua vittoria alle elezioni nel 2016, tutte le strutture dello Stato, incluso il Tribunale Supremo, sono state utilizzate per soffocare l’unica istanza democratica rimasta. Si chiede inoltre che il controllo dei partiti politici venga restituito ai suoi veri responsabili. In luglio, infatti, tramite il Tribunale Supremo, Maduro ha cambiato le direzioni delle quattro formazioni con più peso nell’opposizione: Voluntad Popular, Acción Democrática, Primero Justicia e Un Nuevo Tiempo.

Il Gruppo di Contatto aggiunge che è necessario cessare di perseguitare i leader di questi partiti, aggiornare il censimento perché possano votare anche i cinque milioni di profughi che hanno dovuto abbandonare il Paese, permettere il libero accesso ai mezzi di comunicazione e costituire un Consiglio nazionale elettorale (Cne) indipendente ed equilibrato. Il Cne, come il Tribunale Supremo, è un’altra delle istituzioni utilizzate dal chavismo per opprimere la libertà. 

Attualmente lo sblocco della situazione politica in Venezuela appare quasi impossibile. L’operazione Guaidó, iniziata nel gennaio 2019 con la sua nomina a Presidente incaricato, ha via via perso forza fino a essere praticamente annullata, malgrado il sostegno di un’ampia maggioranza della comunità internazionale. Borrell ha appoggiato la negoziazione che Capriles ha condotto con Maduro per la liberazione di 110 prigionieri politici. Con questa operazione, Maduro è ricorso al vecchio trucco usato dal regime castrista a Cuba: ogni volta che vuole ottenere qualcosa libera qualche prigioniero, presentando il gesto come una concessione. Concede ciò che non è suo: la libertà di persone di cui la dittatura si è appropriata.

Maduro ha conseguito una vittoria su due fronti: causare per l’ennesima volta una divisione nell’opposizione venezuelana, rafforzando l’immagine di Capriles come il dirigente possibilista, e presentarsi come un leader disposto a fare concessioni. Un Capriles rafforzato da Maduro può sostenere che non si deve commettere lo stesso errore delle elezioni del 2005. Allora l’opposizione non partecipò alle elezioni e Chávez approfittò dell’occasione per procedere nel suo progetto di distruzione della democrazia venezuelana.

L’opposizione sembra in una trappola senza via d’uscita. La fine della dittatura difficilmente avverrà attraverso lo scontro che vorrebbero alcuni radicali: gli Stati Uniti con la loro politica delle sanzioni non hanno ottenuto niente. La soluzione deve essere negoziata, questo non si può contestare a Borrell. Tuttavia, finora tutte le negoziazioni, comprese quelle cui ha partecipato la Chiesa, sono state un inganno. Il rapporto delle Nazioni Unite pone in evidenza che il rinvio delle lezioni con alcuni ritocchi non è sufficiente. Borrell non può inviare osservatori europei alle elezioni se non si soddisfano, almeno, le richieste del Gruppo di Contatto.