Numerosi osservatori hanno individuato fra gli esiti profondi dell’esito elettorale una domanda di stabilità di governo: almeno nel termine breve-medio di un’emergenza Covid non conclusa sul piano sanitario e appena iniziata su quello economico. Alla conferma personale di quattro governatori di regioni importanti (due di centrodestra a Nord e due di centrosinistra al Sud) ha fatto riscontro un risultato referendario che a più di un analista è parso più ispirato a una richiesta riformista di maggior efficienza della democrazia istituzionale piuttosto che a protesta antipolitica.
E’ un scenario nel cui centro di prospettiva resta l’azione silenziosa ma sostanziale e ininterrotta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nel suo ruolo di garanzia ultima del sistema-Paese, nelle ultime settimane ha più volte rammentato a tutte le componenti istituzionali e alle parti sociali l’impegno prioritario di tutte le componenti del sistema-Paese per accelerare al massimo le iniziative in direzione della ripresa economica. “E’ indispensabile far presto con i piani nazionali di resilienza e ripresa collegati con il Recovery Fund deciso in sede Ue vedano la luce al più presto”, è stato l’appello lanciato dal Capo dello Stato al Forum Ambrosetti di Cernobbio. “Non possiamo compromettere il futuro dei giovani, ci chiederanno perché non abbiamo fatto niente”. Parole in cui è risuonato l’invito rivolto solo pochi giorni prima – dal Meeting di Rimini – dal presidente emerito della Bce, Mario Draghi
Superato il passaggio elettorale – il primo in era-Covid – è dunque l’ora di investire: “sul futuro dei giovani”, sollecitano all’unisono Mattarella e Draghi. Su almeno tre quattro ampi orizzonti visibili. Il primo è quello dell’education: con una più marcata sintonia con le dinamiche della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica. Il secondo vi s’innesta: è quello delle politiche attive del lavoro. Il terzo – simmetrico – è quella della promozione dell’imprenditorialità: in un Paese come l’Italia il “valore aggiunto” (in particolare quello generato dall’export nella competizione globale) sarà sempre prodotto da una rete di imprese; né vi potrà essere vera occupazione senza lo sviluppo dell’imprenditorialità. Non da ultima, l’Azienda-Paese deve tornare a investire sulle infrastrutture: quelle fisiche e quelle digitali.